Zennaro, stavolta manca il giudice e l'udienza salta. Rischia un rinvio di mesi

Marco Zennaro
VENEZIA L'ennesimo rinvio e per Marco Zennaro la libertà è sempre più lontana. Ieri doveva essere il giorno dell'udienza del processo civile che, da...

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VENEZIA L'ennesimo rinvio e per Marco Zennaro la libertà è sempre più lontana. Ieri doveva essere il giorno dell'udienza del processo civile che, da cinque mesi, lo tiene inchiodato a Khatoum, in Sudan. E invece no. Come succede ogni volta, per un motivo o per un altro, l'udienza viene rinviata. Ieri non si è potuta tenere perché non c'era il giudice e quindi si è posticipato al 25 agosto. Intanto l'imprenditore, 46enne veneziano, aspetta, bloccato da un divieto di viaggio imposto dal tribunale su richiesta del querelante, il miliziano Abdallah Esa Yousif Ahamed, zio di Mohamed Hamdan Dagalo detto Hemeti, il generale sudanese a capo delle milizie entrato nel governo di transizione. Lui non ha alcuna intenzione di cedere: non acconsentirà che Marco lasci il Sudan finché non sarà versata la cifra che si aspetta, poco inferiore al milione di euro. «È un sequestro di persona a scopo estorsivo». La famiglia di Marco lo ripete da mesi, da quando le cause penali a suo carico sono state archiviate e sono rimaste solo le gemelle civili. Perché per un procedimento di questo tipo imporre un divieto di viaggio è, effettivamente, una misura singolare. Adesso Marco si trova a Khartoum, bloccato in albergo, insieme alla moglie, che ha dato il cambio a papà Cristiano. Ma l'attesa a questo punto rischia di essere molto lunga: si parla di settimane, forse di mesi. 


COSA MANCA

La famiglia dell'imprenditore ha chiesto più volte al Governo di intervenire: loro hanno messo sul piatto una garanzia da 800 mila euro per lasciare che il secondo procedimento legale (sempre civile), quello intentato da una società di Dubai che accusava la ZennaroTrafo di non aver spedito delle forniture di trasformatori elettrici già pagati, prosegua anche senza la presenza dell'imputato. A trattenere Marco è la mancata garanzia sul caso del miliziano, che denuncia invece di aver ricevuto (da finanziatore esterno, non in qualità di cliente diretto) una partita di trasformatori difettati. Qui, servono 975mila euro per poter lasciar andare il 46enne. Da notare che, ad aprile, l'imprenditore ne aveva già versati 400mila come cauzione, prima che le milizie lo bloccassero in aeroporto e lo portassero in commissariato. La famiglia chiede che quei soldi li anticipi il governo, solo a garanzia durante il processo: se ci sarà da pagare, però, si sono detti pronti a ipotecare il capannone della ditta di famiglia. La Farnesina per ora sta prendendo tempo, cercando una mediazione politica che, però, sembra sbattere contro la separazione dei poteri sudanese: trattandosi in una questione giudiziaria, il governo dice di avere le mani legate. 
Le soluzioni, quindi, non sembrano essere poi molte: o si aspetta la fine del processo, o si versa questa garanzia bancaria. L'alternativa potrebbe essere quella di far uscire Marco dal Sudan tramite un salvacondotto per ragioni umanitarie. Dal punto di vista diplomatico, però, l'Italia sembra non voler creare tensioni con il paese africano. 


MISTERO DI MAIO

L'altra questione è la visita di Di Maio. Il ministro degli Esteri aveva annunciato una visita a Khartoum (già programmata) e aveva assicurato che avrebbe parlato della questione Zennaro con i rappresentanti del governo sudanese. Doveva essere in primavera, poi a giugno, poi dopo il G20: alla fine però Di Maio a Khartoum non c'è ancora andato e soprattutto non sembra esserci a breve in programma un suo viaggio in Sudan. 
 

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Il Gazzettino