Marco, un giovane polesano tra i fondatori dell'Accademia dei bitcoin

Marco Maragno, 34 anni, è nato a Fratta Polesine
ROVIGO -  In un mondo sempre più digitale, si sente parlare con frequenza del nuovo fenomeno mondiale delle criptovalute, una sorta di moneta elettronica ancorata...

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ROVIGO -  In un mondo sempre più digitale, si sente parlare con frequenza del nuovo fenomeno mondiale delle criptovalute, una sorta di moneta elettronica ancorata ai sistemi di calcolo dei computer e di fatto quindi all’energia prodotta, balzata agli onori della cronaca con uno dei nomi dei progetti più conosciuti, i cosiddetti bitcoin. In Polesine certo non è probabilmente l’argomento più dibattuto tra piazze e bar, ma c’è chi di questo sistema ha fatto una professione fino a diventarne un esperto.  

ALFABETIZZAZIONE DIGITALE
Si tratta di Marco Maragno, 34 anni, originario di Fratta Polesine ma oggi spesso in giro per il mondo per valutazioni e incontri tra responsabili di settore per comprenderne sviluppi e prospettive, che si definisce di professione un crypto digital strategist. «Chi fa questo mestiere come me, non ha una sua sede fisica ma lavora molto online - ammette Maragno - Stiamo avviando un’accademia sulle criptovalute, una vera e propria scuola per guidare le persone nella pratica, da come aprirsi un wallet digitale all’acquisto, al trasferimento delle criptovalute e poi via via si va ad aprire un mondo. C’è un gruppo di persone, ad esempio, che analizza progetti emergenti e la criptovaluta di per sé non è altro che la punta dell’iceberg, tutte informazioni condivisibili e trasparenti, dove stanno iniziando a entrare grandi multinazionali».
Di cosa si tratta esattamente?
«Tutto è nato per trasferire valore attraverso la tecnologia, senza un ente centrale come lo Stato o una banca. Si è riscontrato che la tecnologia poteva permettere il trasferimento di valore con spese bassissime e ciò ha permesso al sistema di svilupparsi attraverso la fiducia e un modo di retribuzione che è il cosiddetto “mining”: attraverso persone che danno potenza di calcolo, c’è bisogno di computer che immagazzinano e approvano transazioni. La criptovaluta alla fine altro non è se non un’unità di misura, con una distribuzione della moneta meritocratica».
Non sembra essere comunque alla portata di tutti.
«Ci vuole di sicuro una mente lucida e liberata da un vecchio sistema di pensiero. Io ho iniziato da agente commerciale alcuni anni fa nel settore quando si parlava di cifre sui 15 miliardi di capitalizzazione, mentre sono stati da tempo superati gli 800 con una fase di forte incremento. È entrato nel sistema un colosso come Walt Disney con la sua blockchain Dragonchain, creando un proprio sistema dove immagazzinare dati e creare start-up su questa tecnologia. Bisogna entrarci a piccole dosi, altrimenti si rischia di perdersi in meandri complessi. Io mi sono avvicinato dopo un contatto in cui mi era stato proposto del mining, mi sono interessato al settore, l’ho studiato in modo autonomo anche comprando e vendendo. In Italia ancora non c’è molto, ma l’interesse è crescente. L’intento anche con l’academy è di informare per poter dare la possibilità di scelte consapevoli».
Non sembra essere proprio un argomento di cui parlare al bar centrale di Fratta Polesine, sorseggiando un caffè in compagnia...
«Di solito aspetto che siano le persone a chiedermi informazioni: deve scattare in loro un campanello, altrimenti è come parlare in arabo a qualcuno che parla solo dialetto. Quando vai al bar del paese ancora parli di una cosa non propriamente concepita».
Curiosamente il fondatore delle criptovalute rimane ignoto. Di lui si conosce solo uno pseudonimo, quello di Satoshi Nakamoto, con conseguenti varie speculazioni e teorie su chi possa essere, compresa la teoria sui cosiddetti poteri forti intenzionati a coprire l’inflazione mondiale galoppante con questo sistema per tentare in qualche modo di arginarla e riequilibrarla. Per i bitcoin si dice che il 2130 sarà la data di emissione dell’ultima moneta, visto il ritmo con cui stanno progredendo, ma non si tratta solo di un progetto su carta.

«Oggi le criptovalute sono spendibili in vari circuiti internazionali. In pratica tu spendi in criptovaluta e l’attività dove acquisti riceve in euro tramite sistemi di conversione e servizi intermedi spiega Maragno - E’ capitato che alcuni accordi commerciali siano stati bloccati ma molte attività si stanno attrezzando: in Italia c’è un’attività nel settore immobiliare che accetta bitcoin. Ci sono anche ovviamente pareri critici, ma io vedo che stanno entrando sempre più società importanti, sta diventando quasi un bene rifugio e la gente inizia ad accumulare bitcoin. Ci sono persone che hanno investito all’inizio poco, visto che quando è nato il valore era di 10 centesimi e poi è cresciuto, tanto che ci sono ragazzi che magari ci avevano messo la mancia della nonna che oggi sono multimilionari». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino