MANIAGO - Oltre 120 anni di storia reinventati nel giro di un mese: il tempo di disegnare una nuova linea di prodotti, riposizionarsi sul mercato e affermare un marchio scelto...
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Com’è accaduto?
«L'ideogramma cinese che rappresenta la crisi, significa anche opportunità. Siamo nati come "favri da gros" e diventati "favri da fin" (coltellinai, ndr). Poi il boom economico e l'esplosione di vendite di cazzuole edili, in seguito l'era delle mannaie, di cui detenevamo il primato mondiale. Fino al 2009, quando tra crisi economica e concorrenza di Cina e Portogallo, l'intero settore delle lame è stato investito dall'onda della crisi».
Cosa ha significato per la vostra impresa?
«Dalle 40 mila mannaie siamo arrivati ai mille pezzi: prima la sindrome della mucca pazza, nel 2001, che ha raffreddato il consumo di carni rosse congelando anche il mercato della macelleria e delle mannaie. Tre anni fa l'azienda tedesca di cui eravamo fornitori di punto in bianco ha annullato tutte le commesse».
Come avete superato il momento?
«Ricordo che era dicembre 2011. Ho guardato la foto del mio bisnonno e di suo fratello al battiferro e ho scelto di abbandonare la produzione professionale convertendomi al lifestyle: design e moda. Ora vendiamo ai negozi di arredo casa e frequentiamo le più importanti fiere, ci contattano riviste di settore».
Cosa producete?
«Mi sono inventato una linea di prodotti sotto il marchio Lamami: dei libri di cartone che contengono una specie di kit. Il tutto all'insegna dell'innovazione di prodotto, dell'eco-sostenibilità, soprattutto del Made in Italy a chilometro zero. La cosa che più ci invidiano all'estero, sono i nostri distretti. È inutile continuare a produrre pensando di farci concorrenza l'un l'altro. Io ho dismesso quasi del tutto la produzione. Tutta la linea nuova è in grande espansione (+120% l'anno) ed è esternalizzata. Mi affido a fornitori solo nel raggio di 4 chilometri, ciascuno specializzato in una fase del processo e al massimo della qualità».
E il rischio di essere copiati?
«Lo hanno già fatto! E per di più, un'azienda italiana che si rifornisce in Cina».
E che avete fatto?
«Gli ho solo fatto una telefonata di biasimo. Del resto, se copiano il mio prodotto, vuol dire che funziona».
Come è arrivato a Harrods e Lafayette?
«Partecipando alla fiera di Francoforte. La responsabile degli acquisti ha visitato per tre giorni il mio stand, poi mi ha fatto l'ordine. Se il prodotto è buono funziona. Bisogna andare alle fiere importanti e lavorare tanto in rete con altre imprese, fare co-marketing con altre aziende». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino