Due mamme e un figlio: l'Anagrafe dice no. Il caso finisce alla Consulta

L'ufficio anagrafe
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VENEZIA - La legge Cirinnà presenta aspetti di incostituzionalità perché, paradossalmente, discriminerebbe i genitori gay. A sollevare la questione sono i giudici del Tribunale di Venezia che hanno rimesso il giudizio alla Corte Costituzionale. Il caso è quello di una coppia di donne veneziane, giù unite civilmente. Due anni fa una di loro si è sottoposta a fecondazioni assistita (con donatore anonino) a Copenhagen, grazie alla quale è nato un bimbo, partorito nel novembre 2018 all'ospedale di Mestre. Le due donne si sono rivolte al Comune di Venezia chiedendo di iscrivere entrambe nell'atto di nascita. L'ufficiale di stato civile però ha voluto indicare il piccolo come «nato dall'unione naturale con un uomo, non parente nè affine» con la partoriente, dandogli solo il cognome di quest'ultima. La coppia ha quindi fatto ricorso al tribunale di Venezia chiedendo che venisse dichiarato illegittimo il rifiuto opposto dal Comune e ordinasse all'ufficiale giudiziario di rettificare l'atto di nascita. Il collegio ha deciso di rimettere la questione nelle mani della Consulta, ritenendo che la legge Cirinnà e il Decreto del Presidente della Repubblica che disciplina l'ordinamento dello stato civile contengano disposizioni incostituzionali. 
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Il Gazzettino