Correzzola. Perse il bimbo in ospedale, ginecologo condannato per procurato aborto

Secondo l'ipotesi della Procura, sposata dal Tribunale, il monitoraggio del feto fu interrotto nonostante i dati non fossero conformi

Condannato ginecologo per procurato aborto
CORREZZOLA - Un errore medico: questa la causa della mancata nascita di un bambino all'ospedale di Chioggia, il 31 agosto 2016. Un errore medico per cui ieri pomeriggio il...

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CORREZZOLA - Un errore medico: questa la causa della mancata nascita di un bambino all'ospedale di Chioggia, il 31 agosto 2016. Un errore medico per cui ieri pomeriggio il giudice del tribunale monocratico di Venezia, Sonia Bello, ha condannato a 10 mesi di reclusione ma con la pena sospesa il ginecologo Sergio Porto, accusato di procurato aborto. Nella sentenza il giudice ha stabilito anche una provvisionale immediatamente esecutiva di 40mila euro che il ginecologo e l'ospedale di Chioggia (ritenuto responsabile civile) dovranno corrispondere in solido alla mamma del nascituro (alla quale andranno 30mila euro) e al papà (10mila euro), entrambi parti civili assistiti dall'avvocato padovano Giuseppe Pavan. Assolta, invece, l'ostetrica Marilisa Bonaldo, anche lei a processo. Per entrambi il pubblico ministero Giorgio Gava aveva chiesto una condanna a 8 mesi. Secondo l'ipotesi della Procura, sposata dal Tribunale, il monitoraggio del feto fu interrotto nonostante i dati non fossero conformi. E quando fu ripreso, ormai era troppo tardi. Secondo i consulenti medico legali, i dottori Silvia Tambuscio e Alessandra Zambon, sarebbe stato sufficiente dar corso al cesareo mezz'ora prima e in questo modo si sarebbe potuto salvare il bambino.

Il ricovero

La madre, una trentanovenne residente nel Piovese, a Correzzola, si era presentata al Pronto soccorso attorno all'una di notte lamentando alcuni problemi. Dopo due episodi brachicardici, con sbalzo di battiti del feto, poi rientrati nella normalità, il monitoraggio fu sospeso alle 3.30 di notte per poi riprendere alle 6.14 e mostrare un preoccupante aumento dei battiti, circostanza che indusse il medico a disporre l'intervento chirurgico. Ma ormai era troppo tardi. Dalla relazione dei medici legali è emerso che attorno alle 5 la donna era stata male: secondo i consulenti della Procura si sarebbe dovuto attivare il tracciato fin da quel momento per poter intervenire tempestivamente. Nel corso del processo la difesa, rappresentata dagli avvocati Giuseppe Carinci e Luigi Garofalo, si è battuta per dimostrare che non vi era prova del fatto che un monitoraggio costante avrebbe evidenziato la sofferenza e per questo era stata chiesta l'assoluzione.

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Il Gazzettino