Torna dalla maternità e non trova più il suo ufficio

Torna dalla maternità e non trova più il suo ufficio
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PADOVA - Uno stanzino per ufficio. Senza computer nè cellulare. Senza neppure la luce. Isolata dal silenzio di capi e colleghi complici. Mobbing da maternità quello vissuto da una padovana, Daniela, 31 anni, all'inizio product manager di un'industria della bassa, poi, diventata mamma, declassata a lavori di bassa professionalità in un angolo del piano terra dell'azienda. Da dirigente ad addetta alle fotocopie o inchiodata a incomprensibili attese prima di ricevere compiti squalificanti. Dopo due tentativi di conciliazione falliti con l'azienda, è pronta una causa davanti al giudice del lavoro.




«Volevano che mi licenziassi appena rimasta incinta - ricorda Daniela -. Rientrata dalla maternità ho vissuto mesi di inferno in azienda. Mi rivolgo alla magistratura perchè ho fiducia nella giustizia. E sono decisa a combattere». Storia emblematica la sua. Assunta dall'azienda nel 2009, in sei mesi Daniela raggiunge importanti traguardi. Conosce perfettamente quattro lingue, vanta esperienze all'estero e, soprattutto, ama il suo lavoro. «Ma quando dissi di aspettare un bambino si ruppero i rapporti con i titolari dell'azienda. Anzi, una volta a casa, in maternità, vennero a trovarmi di persona per dirmi che non avrei più ritrovato il mio posto e che sarebbe stato meglio cederlo a un uomo». Daniela però non molla. «Quando la mia bambina raggiunse i sette mesi chiesi di rientrare, secondo legge. Mi obbligarono invece ad andare in ferie». Poi le telefonate e le pressioni psicologiche.



«Dal commercialista dell'azienda che mi suggeriva di licenziarmi perchè con una figlia non avrei potuto viaggiare secondo le esigenze aziendali. Mi parlava di Cina. Mi chiedeva come avessi potuto barcamenarmi con la famiglia». Poi la proposta: «Ti mettiamo in cassa integrazione con 1.500 euro al mese per due anni, ripetevano, ma l'industria era florida, ben lontana dalla crisi». Daniela si rivolge alla Cgil. Il primo tentativo di conciliazione sfuma. Il 9 settembre, comunque, rientra al lavoro. Amara sorpresa. «Non avevo più la mia vecchia stanza - ricorda - Mi avevano sistemato al piano terra, in un angolo dell'ufficio campionatura. Senza Pc, senza telefono cellulare, senza la luce. Di pomeriggio rimanevo al buio. L'azienda si era giustificata dicendo che l'ufficio della titolare era stato chiuso, dopo l'arrivo della Finanza, per necessità di accertamenti e che era stato occupato il mio, temporaneamente. Una scusa. Passavo il tempo a fare fotocopie, a sistemare i cataloghi, a volte trascorrevo ore senza fare niente in attesa che mi dicessero di cosa occuparmi. Nessun collega mi salutava più. Isolata». Mesi ad alta tensione con attacchi di panico e coliti. «Tutto certificato dal medico - continua Daniela -. Si è riunito anche un secondo tavolo di conciliazione, stavolta alla presenza, oltre che del sindacato, della consigliera di parità. Ma non è stato raggiunto nessun accordo. L'azienda proponeva 5 mila euro per andarmene. O un piano di rientro definito dalla consigliera inaccettabile». Daniela, di nuovo incinta, è tornata in maternità. E aspetta il verdetto del giudice. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino