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TREVISO - Per quattro anni aveva reso la vita impossibile ai genitori. Quattro anni di minacce, di botte e di insulti, spesso il triste epilogo di liti degenerate per colpa dell’abuso di alcol e di stupefacenti. Vessazioni che, di fatto, sono terminate nel giugno dello scorso anno quando Youssef Rmaily, 30 anni il prossimo 9 aprile, di origine marocchina ma nato e cresciuto a Treviso, è stato arrestato per aver violato il divieto di avvicinamento alla madre e al padre. Da quel momento si trova rinchiuso nel carcere di Santa Bona. Ieri mattina, di fronte al collegio del tribunale di Treviso, è arrivata anche la sentenza di primo grado: 3 anni di reclusione per il reato di maltrattamenti in famiglia. Il pubblico ministero ne aveva chiesti 4 e mezzo, ma i giudici hanno riconosciuto le attenuanti generiche (è incensurato, ndr) prevalenti rispetto alle aggravanti contestate. Difeso dall’avvocato Simone Marian, potrà chiedere delle misure alternative alla detenzione, ma a Treviso non potrà mettere più piede (così come a Milano, dove ha formalmente la residenza, ndr) in quanto destinatario di un doppio Daspo urbano per i disordini creati all’interno di locali pubblici, sia in centro a Treviso che nel capoluogo meneghino, dopo aver alzato troppo il gomito.
LE ACCUSE
La Procura di Treviso parla di «abituali, continuative e frequenti vessazioni fisiche e psicologiche» nei confronti dei genitori, rendendo loro la vita familiare «particolarmente dolorosa». Ieri mattina, di fronte ai giudici, il 29enne ha chiesto loro scusa leggendo una lettera scritta in carcere. Un gesto che ha contribuito a mitigare la condanna. Ma i fatti contestati non si cancellano, nonostante padre e madre abbiano ritirato la querela (per i maltrattamenti in famiglia si procede comunque d’ufficio, ndr). Alla base dei continui dissidi tra le mura domestiche c’era la vita sregolata del giovane: assiduo frequentatore dei locali del centro di Treviso, il 29enne era finito più di una volta nel mirino degli agenti della questura, tanto da ricevere, viste le condotte reiterate, un divieto di accesso nel comune, tuttora in vigore. Dietro ai colpi di testa, secondo l’accusa, l’abuso di alcol e stupefacenti.
GLI EPISODI
Stando al capo d’imputazione, il 29enne nel corso degli anni ha distrutto soprammobili e arredi, ha minacciato il padre (che più volte ha definito «fallito, ignorante, malato, da rottamazione») dicendogli che l’avrebbe prima o poi ammazzato, e si è scagliato anche contro la madre colpendola con cali e pugni. Una volta, nel dicembre 2022, l’aveva presa di mira impugnando un taglierino.
Il Gazzettino