Vittorio Veneto. Prendono il cane in canile, poi arriva la denuncia dei vicini di casa: «Lo bastonano». Ma loro non ci stanno: «Tutto falso, ci hanno tolto Cioko»

Maltrattamenti sul cane preso in canile, famiglia a processo (foto Pexels)
VITTORIO VENETO (TREVISO) - II capo d’imputazione parla chiaro: «Per crudeltà e senza alcuna necessità picchiava il proprio cane anche con...

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VITTORIO VENETO (TREVISO) - II capo d’imputazione parla chiaro: «Per crudeltà e senza alcuna necessità picchiava il proprio cane anche con l’utilizzo di un bastone, lasciandolo a volte senza acqua e cibo». Sotto accusa c’è il padrone di Cioko, un cocker spaniel color fulvo preso in canile quando aveva poco più di un anno a fine 2017, che è stato denunciato alle guardie zoofile dell’Enpa da un vicino di casa. Ma il 46enne vittoriese proprietario dell’animale, che si è opposto a un decreto penale di condanna emesso dalla Procura di Treviso (45 giorni di reclusione convertiti in pena pecuniaria, ndr), non solo respinge ogni tipo di addebito ma, difeso dall’avvocato Remo Lot, contesta il fatto che Cioko, ormai da 6 anni, sia tornato a vivere in canile senza una famiglia che si prenda cura di lui. 

Maltrattano il cane preso in canile, la famiglia in aula

A far scattare il provvedimento di allontanamento del cocker dalla casa e il successivo inserimento in un canile è stata, come detto, la denuncia di un vicino di casa. Le guardie zoofile dell’Enpa, nell’estate del 2018, avevano riscontrato che l’animale era affetto da otite. Motivo per cui la denuncia di maltrattamenti aveva trovato un fondamento. La famiglia adottiva di Cioko, che a processo ha portato anche una lunga serie di foto in cui gioca e si diverte con l’animale (anche in vacanza, ndr), sostiene che si sia trattato soltanto di un ripicca per rapporti di vicinato non proprio distesi e incrinati dal fatto che il cane, tenuto spesso in giardino, a volte abbaiava. Ma dietro ci sarebbero anche fastidi legati ai fumi del barbecue che “invadeva” l’appartamento al primo piano. E inoltre lamenta di essersi dovuta separare dall’animale da un giorno all’altro. Un parente, per evitare che rimanesse in canile, aveva deciso di prenderlo in casa sua per farlo rimanere “in famiglia”. Ma alcuni problemi con l’altezza della recinzione hanno finito per far naufragare anche questa soluzione. Si torna in aula il 12 giugno per la sentenza.

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Il Gazzettino