Il vaccino e poi il malore: «Mio figlio in preda a dolori dopo la seconda dose. Tenuto al pronto soccorso per 21 ore»

Il Pronto soccorso di Rovigo
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ROVIGO - «Per quasi 24 ore la mia famiglia è stata praticamente ostaggio del Pronto soccorso, senza la possibilità di uscire neanche per recuperare delle monetine in auto e senza che nessuno si degnasse di farci sapere qualcosa». A raccontare quella che per 21 ore è stata un’odissea è un loredano, padre di un 15enne che lunedì scorso ha avuto bisogno di recarsi al pronto soccorso di Rovigo. Il giovane, quella mattina, ha avvertito dei forti dolori al costato, in corrispondenza del cuore

«Dal momento che da pochi giorni aveva fatto la seconda dose del vaccino anti-Covid - riprende il genitore - ci siamo rivolti al nostro medico di base che ha compilato immediatamente un’impegnativa urgente per una visita cardiologica passando per il Pronto soccorso di Rovigo, dato che l’attività del reparto di cardiologia di Adria è ridotta a causa del Covid».

IN OSPEDALE

È proprio dall’accesso al Pronto soccorso rodigino che inizia l’odissea del 15enne accompagnato dalla madre. «Fatti i tamponi Covid di prassi - continua il genitore - alle 15.30 è iniziato il calvario. Dopo circa un quarto d’ora mio figlio è stato sottoposto a un veloce elettrocardiogramma che ha escluso eventi gravi. È stato poi sistemato su una barella mentre mia moglie è rimasta su una sedia e da qui, il silenzio per ore e ore». Su quella barella il figlio ha passato l’intera notte, assistito dalla madre, senza notizie di eventuali nuovi esami cui essere sottoposto e senza che alla madre, nonostante le richieste, fosse almeno concesso di raggiungere l’auto per recuperare delle monete da utilizzare ai distributori automatici. «Io stesso - continua - ho chiamato verso le 5 del mattino la segreteria del Pronto soccorso per sapere se mio figlio e mia moglie potessero tornare a casa, dato che erano lì da 14 ore e nessuno aveva detto loro cosa stessero aspettando, ma la risposta è stata che c’era un solo medico di turno e i miei familiari non potevano muoversi».
In questa situazione, figlio e madre sono rimasti fino alle 8 di martedì. Solo in quel momento qualcosa è cambiato: «Probabilmente con il cambio turno - continua il padre - e l’arrivo di un altro medico, il caso di mio figlio è stato preso in carico. Gli sono stati fatti un prelievo di sangue e una radiografia al torace, e finalmente, intorno a mezzogiorno hanno potuto lasciare l’ospedale e tornare a casa».

L’AMAREZZA



A conti fatti, ragazzo e madre sono stati al pronto soccorso 21 ore. Un tempo talmente lungo che fa sbottare l’uomo: «Il Pronto soccorso non era affollato quando i miei familiari sono arrivati e per tutta la notte sono rimasti in coda con altri due utenti arrivati prima di loro, per questo non mi spiego il motivo di tanta attesa. Capisco che i tempi e le priorità siano lunghi, visto il momento difficile che stiamo attraversando, ma così è troppo. Non esiste solo il Covid. Mi chiedo se in 21 ore non ci fosse stato un cardiologo fosse in grado di dare un’occhiata a mio figlio».
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Il Gazzettino