Da oltre 1500 anni la Busa delle Vette è area di pastorizia. Questo è molto altro emerge dagli studi svolti negli ultimi 5 anni e presentati ieri nel tardo...
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GLI INIZI
Capacità e fortuna, tutto è necessario. Durante un censimento dei recinti pastorali in provincia di Belluno Piergiorgio Cesco Frare e Gabriele Fogliato, del Gruppo archeologico agordino Arca, si sono imbattuti nell’insediamento in Busa delle Vette. Da questo punto nascono le collaborazioni fra Parco e Arca e a seguire fra Parco e l’Università di Trento e quella di Newcastle con un finanziamento da parte di Villa Binotto di 42 mila euro. Dagli scavi sono essersi una serie di reperti che rendono al Busa delle Vette unica sia in campo botanico che archeologico.
I RITROVAMENTI
A parlare con passione del lavoro svolto sono Fabio Cavulli dell’Università di Trento e Francesco Carrer dell’Università di Newcastle. «Abbiamo iniziato - spiega Cavulli - a studiare il recinto per poi trovarci di fronte a quella che era una casa, un insediamento fatto di mura a secco con due focolari. Sono stati ritrovati oggetti in ferro, ceramica cereali e legumi. Con questi dati abbiamo ipotizzato come potesse essere la vita a quel periodo: l’installazione veniva utilizzata in modo stagionale per l’allevamento degli ovini, numerose le ossa presenti, e la ceramica ci fa pensare che chi utilizzava l’insediamento portava in quota recipienti con cibo. La salita veniva svolta probabilmente dalla Valle di Lamen».
L’UOMO
Nessun ritrovamento umano, la conferma da Carrer: «Non abbiamo ritrovato ossa umane, quindi certezze non ce ne sono. Di sicuro l’insediamento è stato utilizzato con continuità nei vari secoli in funzione dei ritrovamenti fatti. Nell’area abbiamo rinvenuto anche della selce sicuramente lavorata». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino