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PADOVA - Sindrome Chops. Un nome che racchiude un universo, quello di appena trenta bambini e ragazzi in tutto il mondo. Bambini come Mario, che a due anni sta facendo i conti, con mamma e papà, con una scure che si è abbattuta sulla loro piccola famiglia. Una scure che ha costretto mamma Manuela a cambiare lavoro e prospettive di vita, che forza tutta la famiglia a vivere una quarantena permanente, ma che ha anche dato loro una fortissima spinta a rincorrere quello che, nella lontana California, è oggi l’unico fronte di cura.
La malattia
Mario, Manuela Mallamaci e Giovanni Zampella abitano a Padova, ma si dividono con Palermo (dove Mauela lavora) e la Calabria, la terra d’origine dove il piccolo trova sollievo d’estate. Lei è una ricercatrice universitaria di 34 anni, lui un poliziotto di 38. «Ero ricercatrice all’Università di Padova, mi sarei dovuta trasferire in Germania in un centro di ricerca insieme al mio bambino – spiega la donna – ma le circostanze ci hanno travolto. Quando Mario aveva quattro mesi abbiamo cominciato a capire che qualcosa non andava. Da lì è iniziato un turbine fatto di due operazioni al cuore, cure costanti, accertamenti genetici.
Le terapie
Mario infatti è seguito per il cuore, il respiro, l’udito, la vista e l’aspetto genetico. Cure che in parte sono coperte dal sistema sanitario, ma ad esempio le tre sedute settimanali di fisioterapia e la logopedia vengono pagate dai genitori. La diagnosi di Chops è arrivata solo al terzo tentativo di indagine genetica, grazie all’intuizione di una genetista bolognese. Così la famiglia è entrata in questo nuovo universo, condiviso da appena un pugno di altre persone in tutto il mondo. «Sono entrata nel gruppo di famiglie che hanno figli con Chops – spiega Manuela –, è una grande sostegno per sentirsi meno soli». E grazie a Lainey Moseley, mamma della prima giovane (Leta, oggi 25enne) a cui la sindrome fu diagnosticata nel 2015, Manuela ha scoperto la compagnia californiana RareBase, che porta avanti la ricerca su un farmaco che potrebbe limitare gli effetti della Chops. A loro sono destinati i 300mila euro che la famiglia sta cercando di raccogliere con la piattaforma GoFundMe. In pochi giorni hanno raccolto oltre 30mila euro (qui il link per donare: https://bit.ly/3JPHEhe). «Anche se le chances fossero poche, è sempre un punto di partenza – commenta la donna – La medicina evolve e loro hanno degli strumenti concreti. Ho sentito il dovere di provare a fare qualcosa di concreto. Non mi sono mai potuta permettere il lusso di abbattermi: io e mio marito combattiamo e siamo positivi per il nostro Mario. L’unica speranza è che lui possa un giorno essere più autonomo e possa non soffrire. E poi ogni passo della ricerca sarà non solo per lui, ma per tutti coloro che nel mondo hanno questa sindrome».
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