Dimesso dall'ospedale, ma era ictus, dopo 8 anni arriva l'indennizzo milionario

Dimesso dall'ospedale, ma era ictus, dopo 8 anni arriva l'indennizzo milionario
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JESOLO - Prima il mal di testa insopportabile, poi il buio pesto all'occhio sinistro: per un 48enne del Cavallino, l'anticamera dell'ictus. Il problema è che il personale sanitario di due ospedali, quello di Jesolo prima e quello di San Donà poi, non ha riconosciuto i sintomi e l'ha dimesso. Il giorno dopo, l'attacco di ischemia. Le conseguenze, per l'uomo, sono state devastanti: lui, imprenditore nel settore dei trasporti nautici, diventato ormai invalido ha dovuto mollare l'attività. Il tribunale di Venezia ha stabilito quindi che l'Ulss 4 gli debba un maxi risarcimento da 1,4 milioni di euro.


LA VICENDA
L'episodio risale all'ottobre del 2012: l'uomo si era rivolto all'ospedale di Jesolo per quell'occhio diventato improvvisamente cieco a cui si accompagnava una cefalea devastante. Da qui, era stato trasferito a San Donà per una visita oculistica e poi rispedito a Jesolo: il 48enne era stato quindi rispedito a casa. La mattina successiva l'imprenditore, al lavoro, aveva perso i sensi. La diagnosi dello staff dell'ospedale Dell'Angelo a Mestre non aveva lasciato dubbi all'interpretazione: ictus ischemico provocato da un'occlusione completa dell'arteria carotidea. Da qui il calvario del 48enne, tra continui ricoveri per i trattamenti neuroriabilitativi.


Dopo aver ottenuto un parere specialistico che confermava l'inadeguato percorso diagnostico del personale dell'ospedale di Jesolo e San Donà, l'uomo si era rivolto all'avvocato Giorgio Caldera per chiedere il risarcimento dei danni all'Ulss 4. Giovedì appunto si è conclusa la causa civile: il tribunale lagunare gli ha dato ragione accordando alla vittima e ai familiari un risarcimento di 1.383.269,43 euro (più interessi legali e spese processuali): I consulenti del giudice, infatti, hanno accertato un danno permanente all'integrità psicofisica del 40% che si traduce in un'invalidità lavorativa del 100%. L'imprenditore non è stato infatti più in grado di lavorare nella società di famiglia, tanto che è stato costretto, nel 2014, a cedere l'attività: un danno quantificato in 1,1 milione di euro. La moglie ha dovuto trovare un lavoro per mantenere la famiglia e uno dei figli ha dovuto sospendere gli studi per accudire il padre, motivo per cui anche per loro si è deciso un risarcimento di altri 300mila euro. «Data la persistenza del deficit visivo - scrive il giudice nella sentenza - il paziente non avrebbe dovuto essere dimesso bensì ospedalizzato. In ambito di ricovero si dovevano eseguire tutti gli accertamenti specialistici previsti: visita neurologica, Rm cerebrale, angiotac cerebrale, ecodoppler Tsa, angiografia, ove a fronte della positività del risultato degli accertamenti si sarebbe potuto procedere con terapia antitrombotica. La decisione di non procedere con questi ulteriori approfondimenti - conclude il magistrato - è da considerare un errore professionale medico non scusabile».
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Il Gazzettino