Ostaggio in auto di un magrebino: «E' salito all'incrocio, nessun aiuto»

L'avvocato Ortica e di spalle la donna sequestrata
TREVISO - Non dorme da due giorni: appena chiude gli occhi vede quel magrebino che si infila nella sua auto, inizia a riempire il cruscotto di pugni, le serra i polsi e le intima...

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TREVISO - Non dorme da due giorni: appena chiude gli occhi vede quel magrebino che si infila nella sua auto, inizia a riempire il cruscotto di pugni, le serra i polsi e le intima di mettere in moto. È ancora sotto choc la signora M.S., 56 anni, che martedì pomeriggio è stata ostaggio per mezz'ora, nel cuore della città, da un tossicodipendente marocchino in crisi di astinenza. L'uomo, senza scarpe e con la bava alla bocca, forse in fuga da una struttura protetta, ha forzato la maniglia della sua Cinquecento e si è infilato in macchina, sequestrandola. «Ho vissuto i momenti peggiori della mia vita - assicura la signora - credo che a salvarmi e a evitare il peggio sia stato solo il mio sangue freddo». 

Tutto accade in pochi attimi: di ritorno dall'ospedale, verso le 15,30, M.S. all'altezza di via Scarpa vede un 25enne marocchino, in evidente stato confusionale, correre nella direzione della Chiesa Votiva. L'auto, a causa del traffico, procede a passo d'uomo. Il marocchino supera la Cinquecento, come per seminare qualcuno, poi torna indietro, afferra la portiera e balza nell'abitacolo. 
«Ha iniziato a tempestare di pugni il cruscotto e mi ha ordinato di portarlo in fretta a Canizzano». M.S, pur terrorizzata, non si perde d'animo: procede con molta lentezza e, con la mano sinistra, tenta di chiedere aiuto alle altre auto. Nessuno la soccorre, anzi, tutti sorpassano e suonano spazientiti. 
«A quel punto ho cercato di assecondarlo. Ho girato verso Sant'Antonino e, una volta arrivata sotto il cavalcavia della stazione, gli ho chiesto di fermarci per un caffè, adducendo la scusa che dovevo avvertire mio marito del ritardo». Dopo un'iniziale diniego, l'uomo si lascia convincere. M.S., sconvolta, abbandona la Cinquecento in mezzo alla strada ed entra nel bar. Ordina e, a fior di labbra, chiede aiuto a due pensionati al tavolo: «Mi hanno solo risposto: bisogna ucciderli tutti». 
In quel mentre entra una coppia anziana che rimprovera la signora per aver mollato l'auto in quella posizione: «Anche loro non hanno capito nulla: chiedevo aiuto a gesti, tutto inutile». 
Solo alla fine M.S. ha un'intuizione: «Avevo il bluetooth acceso con segnale vocale. Ho sussurrato 112 e continuavo a ripetere: aiutatemi, bar del cavalcavia della stazione». Passano altri interminabili quindici minuti e all'ingresso si palesano due vigili urbani: «Il ragazzo è scattato in piedi con violenza venendo verso di me e urlando: mi hai tradito!».

Ma poco dopo, una camionetta dal comando della polizia urbana e un'ambulanza fanno irruzione nel bar immobilizzando il magrebino: «Mi hanno lasciata lì da sola. Sono crollata in un pianto dirotto». Dopo essere stata in balia di un pazzo per mezz'ora, nessuno avrebbe pensato di prendersi cura di lei. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino