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Edilizia, immobiliare e commercio, ma pure manifatturiero, attività professionali, servizi di acqua e rifiuti. Rilanciato dalla rivista Esodo presentata in Consiglio regionale, l'allarme sulle infiltrazioni mafiose nelle imprese venete, quantificate dall'Università di Padova nel 6-7% delle società di capitali, non sorprende e tuttavia preoccupa le associazioni di categoria. Rivela infatti Paolo Ghiotti, presidente regionale di Ance, la rappresentanza dei costruttori che secondo l'analisi firmata dal magistrato Vittorio Borraccetti e dal sociologo Carlo Beraldo, sono i più esposti al rischio: «Siamo stati contattati da una ditta che, in un momento di difficoltà, si era fatta prestare soldi che non riusciva più a restituire, a causa degli interessi troppo alti. La situazione era molto compromessa, l'organizzazione criminale la stava ormai acquisendo. Siamo riusciti a fare scudo all'impresa, chiedendo alle autorità di intervenire, fino a permetterle di venirne fuori, anche se gli strascichi sono stati comunque pesanti. Il nostro è un settore molto delicato, perché muove una quantità di denaro particolarmente elevata, ma vive anche una certa debolezza sul piano della liquidità, come vediamo in questo periodo di Superbonus con i cassetti fiscali pieni di crediti scritti sulla carta. E quando si è fragili, si corre il rischio di accettare un "aiuto" che può rivelarsi una trappola».
SISTEMI INFORMATIVI
Enrico Carraro, numero uno di Confindustria Veneto, non nasconde l'inquietudine: «I numeri che emergono dalla ricerca sono preoccupanti, è indubbio che quello mafioso sia un fenomeno presente nella nostra regione ed è giusto non nasconderlo ma continuare a parlarne senza false remore.
TABÙ
Occorre però che le aziende denuncino, raccomanda Roberto Boschetto, presidente di Confartigianato Veneto: «Quando c'è una difficoltà, le imprese diventano vulnerabili ed è facile che la malavita si infiltri. Il problema è che difficilmente i colleghi ne parlano. Chi è minacciato, ha paura. E noi veneti siamo orgogliosi. Invece bisogna sfatare questo tabù, come ci ricordano sempre i prefetti in tutte le province, invitandoci a stare attenti. Da questo punto di vista le associazioni di categoria e i consorzi di garanzia possono svolgere un ruolo importante, nel tenere alte le antenne su questi fenomeni e nell'offrire un supporto agli imprenditori in crisi». Possibilmente prima che a farsi avanti siano mafiosi, camorristi, ndranghetisti, di certo non riconoscibili da coppola e lupara. «Si presentano bene, con tutte le gentilezze, come amici degli amici», riflette Patrizio Bertin, leader di Confcommercio Veneto: «Le nostre sono piccole imprese, per cui è più facile parlarsi fra colleghi e rivolgersi all'associazione, quando si ha un problema. Però i numeri citati dagli esperti sono oggettivi e ci mettono in forte imbarazzo, perché evidentemente le organizzazioni criminali riescono a insinuarsi lo stesso nel nostro settore. Per questo siamo in costante contatto con le forze dell'ordine e con le prefetture, partecipando a riunioni mensili su questo tema purtroppo attualissimo nella nostra regione. Dopo tre anni di Covid, il turismo è ripreso alla grande e non possiamo permetterci che le nostre attività diventino terreno fertile per i delinquenti». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino