Mafia dei nigeriani, 15 anni al "banchiere" per lo spaccio in zona-stazione

Il blitz della Polizia a Mestre nel luglio del 2018
MESTRE Quindici anni al banchiere della banda degli spacciatori di via Piave, Friday Nosa Nosakhare Eduzola, il 35enne nigeriano che viveva a Padova, ma era in piena...

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MESTRE Quindici anni al banchiere della banda degli spacciatori di via Piave, Friday Nosa Nosakhare Eduzola, il 35enne nigeriano che viveva a Padova, ma era in piena attività a Mestre, in quel mercato all'aperto dello spaccio fiorito attorno alla stazione ferroviaria. Nel negozio-copertura di parrucchiere di via Monte San Michele, era lui ad occuparsi dei flussi di denaro che fruttava la droga, ad inviare valige gonfie di contanti in Nigeria, nonché a gestire anche un piccolo spaccio di farmaci vietati alla vendita. La condanna gli è stata inflitta ieri dal Tribunale di Venezia, nell'ultimo stralcio del processo a questo gruppo criminale che aveva imperversato a Mestre, fino al blitz della Squadra Mobile nell'estate del 2018. Oltre a Enduzola, il collegio presieduto da Roberta Marchiori ha condannato altri sei nigeriani coinvolti, a vario titolo, nell'indagine e a cui sono state comminate pene dai 7 mesi ai 7 anni e mezzo. Erano gli unici sette a non aver scelto riti alternativi (con i relativi sconti di pena), come ha fatto la maggior parte del gruppo: 8 avevano patteggiato, altri 30 erano stati giudicati con l'abbreviato.


LE CONDANNE

Eduzola occupava una posizione chiave nell'organizzazione criminale, solo un gradino sotto al boss indiscusso, Kenneth Ken Ighodaro, che in abbreviato è stato condannato a 16 anni, confermati in appello. 15 quelli che ora sono toccati a Enduzola, per associazione a delinquere, traffico di droga, esercizio abusivo dell'attività bancaria, vendita di farmaci. Tanto il denaro che passava per il negozio di via Monte San Michele, dove Enduzola teneva un accurato registro delle sue attività e organizzava i viaggi degli spalloni, connazionali inviati in Nigeria con valigie cariche di soldi. Tra i farmaci che trattava anche la cosiddetta droga del combattente e la pillola abortiva. L'associazione a delinquere è stata contestata ad un altro dei sette imputati di ieri, Isi Omozkpia, 34 anni, condannato a 7 anni e 6 mesi. Di molto inferiori le altre condanne: 3 anni al 31enne Collins Aroiboinosen, 31 anni; 2 anni e 9 mesi al 48enne Peter Nosa Asabor; 2 anni al 36enne Ogbes Ebojele; 1 anno e 2 mesi al 41enne Precious Okoro; 7 mesi al 33enne Osarienem Ikponmwosa. Il Tribunale si è riservato 90 giorni per il deposito delle motivazioni. A conclusione del dibattimento, per la condanna di tutti gli imputati si è battuta il pubblico ministero, Paola Tonini, che dall'inizio ha condotto questa inchiesta. Le difese - con gli avvocati Roberto Boev, Marco Miazzi, Elisabetta Costa, Enrico Varali, Pascale De Falco - hanno cercato di smontare la tesi dell'associazione a delinquere e di minimizzare gli episodi. Dopo il deposito delle motivazioni, probabilmente ricorreranno in appello.


L'OPERAZIONE

Nel filone principale del processo, i 30 imputati erano stati condannati in abbreviato, a fine 2019, a complessivi 165 anni di carcere, poi scontati di circa mezzo secolo in appello, nel marzo scorso, quando molti sono stati scarcerati. In cella sono rimasti i capi. Il blitz di tre anni fa era arrivato dopo mesi e mesi di proteste degli abitanti delle zona, assediati dalla violenza di questo mercato della droga cresciuto negli anni, che richiamava clientela da fuori città, dove si smerciava anche la pericolosa eroina gialla.
 

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Il Gazzettino