Addio Aloisius, maestro liutaio: costruì violini anche per Accardo

Addio Aloisius, maestro liutaio: costruì violini anche per Accardo
ABANO - È deceduto l'altra sera a 97 anni il maestro Luigi Lanaro, detto Aloisius, liutaio conosciuto in tutto il mondo: nato nel Vicentino (a Mason) già a...

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ABANO - È deceduto l'altra sera a 97 anni il maestro Luigi Lanaro, detto Aloisius, liutaio conosciuto in tutto il mondo: nato nel Vicentino (a Mason) già a 15 anni costruì il suo primo violino sotto la guida di Ferruccio Graziani, continuando poi gli studi con Gaetano Sgarbotto. Nel 1947 arrivò a Padova e aprì un laboratorio in via Zabarella.


Lanaro è già un quotato artista tanto che viene invitato come relatore alle celebrazioni per Stradivari a Cremona. Solo un paio d'anni dopo viene iscritto nel registro dei giovani liutai italiani. Si trasferisce quasi subito in Argentina dove risiede fino al 1954 per poi trasferirsi nuovamente in Messico dove fonda la scuola nazionale di liuteria che dirigerà fino al 1972, anno del suo rientro in Italia. Dopo un periodo trascorso a Siena, durante il quale realizza un violino detto il senese per il maestro Salvatore Accardo, arriva a Padova dove rimane moltissimi anni nel suo laboratorio in Corte San Clemente. Lo stesso studio dove ha avviato alla sua arte il figlio Roberto. Nel 1983 smette ufficialmente di realizzare strumenti per dedicarsi alla ricerca e allo studio più approfondito a livello fisico-meccanico dello strumento in generale.


Luigi Lanaro lascia 6 figli, tutti avviati a professioni artistiche, e 8 nipoti. «La materia contiene la memoria, quindi solo ricavandone uno strumento fatto a mano si poteva esprimere il massimo. Questo era uno dei concetti guida della lunghissima attività artistica di mio padre - racconta commossa la figlia Letizia - Sapeva anche trasportare dal legno alla tela i sentimenti e le sensazioni, in Messico molti musei hanno opere da lui restaurate. La scuola di liutai - prosegue Letizia - che ha fondato sta preparando già celebrazioni in suo ricordo. Era un uomo semplice, schivo ma che sapeva farsi amare. A me ha trasmesso l'arte orafa nella quale si era cimentato a New York creando pezzi unici molto apprezzati. A tutti noi ha lasciato tanto, ora ci consoliamo pensando che sono finite le sue sofferenze». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino