Chions. I 100 anni di Luciano Battiston: è uno dei due unici sopravvissuti ai lager della provincia ancora in vita

Superstite di Mauthausen, fu arrestato dai fascisti a 21 anni. La sua storia è stata raccontata dal nipote, Alessandro Fantin, nella sua tesi di laurea

Luciano Battiston, 100 anni.
CHIONS (PORDENONE) - Aveva 21 anni quando è stato internato a Mauthausen. «Sono il numero 126625, ecco cosa ho imparato a Mauthausen», ricorda Battiston. Fu...

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CHIONS (PORDENONE) - Aveva 21 anni quando è stato internato a Mauthausen. «Sono il numero 126625, ecco cosa ho imparato a Mauthausen», ricorda Battiston. Fu arrestato a Fagnigola il 6 gennaio del 1945 dal capitano Arturo Vettorini, appartenente alle cosiddette Bande Nere di Pordenone, in seguito ad una rappresaglia per il sabotaggio della linea telefonica tedesca di Azzano Decimo. Costretto in carcere fino al 13 gennaio, fu processato all'albergo Moderno di Pordenone, sede del comando nazista e condannato a morte, assieme ad altri 12 compagni.

«Per loro - ricorda Battiston - eravamo partigiani da fucilare, solo perché non c'eravamo presentati ai repubblichini e tedeschi dopo l'armistizio dell'8 settembre». Nove furono passati per le armi, per gli altri tre, assieme a diversi altri prigionieri, si aprì la via del Lager. Luciano ha lavorato per diversi giorni nella cava di pietra di Mauthausen, il Kommando più temibile. Caricavano rocce pesantissime sulla schiena dei deportati: «Dovevamo salire la scala di 186 gradini. Chi cadeva, ne trascinava altri dieci, perché eravamo legati. In fondo alla scala, agli sventurati, le SS sparavano il colpo di grazia. Poi i cadaveri erano gettati dentro un laghetto e la corrente se li portava al Danubio».

L'assegnazione ad altri servizi del campo, compreso il crematorio, permettono a Luciano di non morire. Così viene anche impiegato nel crematorio, dove si bruciano i cadaveri di coloro che muoiono di stenti e fatica. Bastonate, appello al gelo in piena notte, fame. «Certe volte, per mangiare di più racconta Luciano aspettavamo che i kapò buttassero via le immondizie nei bidoni vicino alle baracche. Il primo che arrivava, metteva quasi tutto il corpo dentro il bidone».

DOPO LA GUERRA

Tornato a casa, Luciano era ridotto a 28 kg di sofferenza, irriconoscibile. Ammalato di tifo, guarisce dopo una lunga convalescenza. Nel dopoguerra, nei processi intentati contro i fascisti, che avevano collaborato a farlo arrestare, Luciano seppe perdonare i suoi persecutori. Nel dopoguerra, cercò lavoro all'estero, prima in Francia e poi in Venezuela. Oggi vive serenamente con la sua famiglia, circondato anche dall'affetto di figlie e nipoti.


La presidente Aned provinciale, Patrizia Del Col, afferma: «Pochissimi sono ancora i sopravvissuti ai Lager nazisti, oltre a Luciano nella nostra provincia abbiamo ancora Antonio De Nardi, deportato a Dachau. Il mondo sembra non aver capito cosa è successo nella vecchia Europa soltanto 78 anni fa. Il rischio che si apra l'età dell'oblio non é da sottovalutare. Il "mai più!" proclamato dagli ex deportati e dall'Onu, sembra ora una vana promessa. Guerre e massacri si susseguono sotto i nostri occhi smarriti. L'uomo sembra non aver imparato molto dal suo recente passato. Luciano Battiston continua a ricordarcelo». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino