Avvocato diffamato sul web dopo la causa vinta

Diffamato sul web dopo la causa vinta
PORDENONE - Dopo aver vinto una causa, un banale contenzioso definito con un atto di transazione frutto di un accordo tra le parti, è diventato il bersaglio della...

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PORDENONE - Dopo aver vinto una causa, un banale contenzioso definito con un atto di transazione frutto di un accordo tra le parti, è diventato il bersaglio della controparte. La vittima è l'avvocato pordenonese Luca Scandurra. Sei mesi fa nei suoi confronti è cominciata un'azione denigratoria su internet, fatta di commenti negativi sul sito web del proprio studio legale (del tipo «Pessimo, da evitare») e valutazioni negative espressi con svariati account. Se i commenti sono stati eliminati grazie a una lettera di diffida, le stelline che esprimevano l'indice di gradimento dello studio sono rimaste facendo scendere da 4,5 a 2,2 il punteggio ottenuto fino a quel momento. Grazie a recensioni più recenti, favorevoli, è risalito a 3,6. Ma il danno ormai è fatto. «Da un anno - spiega Scandurra - come molti altri colleghi mi procuro la clientela su internet. Chi ha bisogno di un avvocato si affida al web, verifica le sue specializzazioni e sceglie di conseguenza. Chi mi conosce viene lo stesso da me, gli altri mi hanno invece chiesto conto dei giudizi negativi». La lettera di diffida ha sortito un effetto limitato: i commenti sono stati rimossi, ma è rimasta una sola stellina come indice di gradimento. Da qui la decisione di presentare una denuncia alla Polizia Postale per l'ipotesi di diffamazione via internet e di avviare un'azione civile.

Molti utenti del web si trasformano in haters, gli odiatori seriali che insultano e deridono sui social senza rendersi conto che certe leggerezze si possono pagare a caro prezzo. In questo caso l'azione civile è stata preceduta dalla mediazione obbligatoria. «Se avessero tolto le recensioni - spiega Scandurra - avrei lasciato perdere e rimesso la querela. Invece non hanno aderito alla mediazione e adesso mi accingo a fare una causa civile. Nessuna finalità di lucro, soltanto l'obiettivo di eliminare recensioni frutto di una volontà ritorsiva». Il paradosso è che la donna che ha preso di mira l'avvocato Scandurra non è una sua cliente. «Era la controparte - conferma il legale - Nella causa che la riguardava l'accordo raggiunto prevedeva che avrebbe provveduto a pagare le spese. Se ha perso, non è colpa mia, non capisco perchè se la prenda con me. Ha trovato il mio nome su Google e ha cominciato a censurare la mia condotta, nonostante io questa persone non l'abbia mai vista e non abbia mai parlato con lei». 

Cinque mesi fa Scadurra sul suo sito web ha anche messo un post spiegando di essere vittima di un'azione diffamatoria da parte di una persona che utilizzava «diversi account creati ad hoc». Su questi account sono in corso accertamenti da parte della Postale, che dovrà verificare chi li ha creati e utilizzati. «Sono stato discreditato e andrò avanti - ribadisce il legale - Spesso gli utenti di internet non si rendono conto che non ci si può riparare dietro lo schermo quando si offende qualcuno. Le conseguenze ci sono quando si agisce con leggerezza e ci si prende la libertà di offendere». In Tribunale i casi di diffamazione su internet sono sempre più numerosi. E, in fatto di diffamazione, i criteri di calcolo dei risarcimenti indicati dall'Osservazione sulla giustizia civile di Milano dovrebbero scoraggiare i leoni da tastiera. Distingue cinque tipologie di gravità. «Nel mio caso - spiega Scandurra - ritengo si tratti di un episodio di media gravità. C'è stato il dolo, il pregiudizio che hanno comportato le recensioni è stato elevato e non c'è stata condotta riparatoria».
Cristina Antonutti Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino