Nordest, l’onda lunga del Covid: 330.000 vittime di sindromi post-virus, le 4 patologie post-pandemia

Nordest, l’onda lunga del Covid: 330.000 vittime di sindromi post-virus, le 4 patologie post-pandemia
VENEZIA - Dopo tre anni e cinque mesi, il mondo sembra essersi dimenticato della pandemia. Il virus, però, non si è scordato di tutti: 65 milioni di persone nel...

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VENEZIA - Dopo tre anni e cinque mesi, il mondo sembra essersi dimenticato della pandemia. Il virus, però, non si è scordato di tutti: 65 milioni di persone nel globo, cioè secondo una stima prudenziale il 10% dei soggetti infettati e quindi circa 330.000 individui a Nordest, hanno sofferto (e in parte continuano a soffrire) di long Covid. La malattia non si presenta in una sola forma, ma ha almeno quattro manifestazioni cliniche, secondo i risultati del progetto internazionale di ricerca “Orchestra”, coordinato dall’Università di Verona, che sono stati pubblicati ieri sulla rivista scientifica eClinicalMedicine-The Lancet.

I SINTOMI

Lo studio multicentrico è stato condotto da febbraio del 2020 a giugno del 2022 in Italia, Francia, Olanda, Spagna e Argentina, grazie anche ai fondi della Commissione europea. Fra i 1.796 pazienti arruolati, per il 57% uomini, 1.030 accusavano almeno un sintomo a 12 mesi di distanza dal contagio. Il disturbo più frequente, tanto da essere lamentato dal 42% del campione, era la sindrome da affaticamento cronico, caratterizzata da stanchezza, mal di testa e perdita di memoria. Il 23% era invece affetto da problemi respiratori, in particolare tosse e dispnea. Simile il tasso di diffusione della sindrome da dolore cronico (22%), relativo ai muscoli e alle articolazioni. Infine l’11% evidenziava un deficit neurosensoriale, correlato all’alterazione o alla perdita del gusto e dell’olfatto. 

Secondo i ricercatori, guidati dall’infettivologa Evelina Tacconelli, i disturbi respiratori e la sindrome da dolore cronico sono quelli che hanno un peggiore impatto sulla qualità di vita. Inoltre le donne presentano un pericolo maggiore di patire il dolore e la fatica cronici e i sintomi neurologici, tipici della Pcs (Post Covid syndrome): «Il sesso femminile, i sintomi gastrointestinali e le complicanze renali durante l’infezione acuta sono stati associati a un rischio più elevato di sviluppare Pcs grave, mentre la vaccinazione e il trattamento precoce per Sars-CoV-2 erano inversamente associati al risultato». La ricerca ha infatti dimostrato che l’iniezione del vaccino anti-Covid e il trattamento precoce con gli anticorpi monoclonali o con i corticosteroidi hanno ridotto la probabilità di incappare nel long Covid. 

LE PROSPETTIVE

Una sindrome che può tormentare le persone anche mille giorni dopo il contagio, come aveva spiegato Matteo Tosato, responsabile del day hospital post-Covid al policlinico Gemelli di Roma: «Nella maggior parte dei casi si guarisce dopo qualche mese, ma ci sono pazienti che anche a distanza di tre anni continuano a stare male». Quali sono le cause? Gli autori dello studio ne annotano alcune: «Diverse ipotesi sono state formulate per spiegare i possibili meccanismi che portano alla persistenza dei sintomi, come risposte immunitarie incontrollate, danno infiammatorio, alterazione della coagulazione, effetti virali diretti e interazioni del virus con il microbioma e il viroma dell’ospite».

Su questa base, la ricerca guidata dall’Ateneo scaligero apre prospettive interessanti: «L’evidenza riconosciuta nel progetto “Orchestra”, in termini dei determinanti della Pcs e della gravità della malattia, può supportare l’identificazione tempestiva dei pazienti a maggior rischio di sviluppare la Pcs e quindi guidare l’attuazione di adeguati protocolli di gestione del follow-up. La conferma che la vaccinazione ha un ruolo sostanziale nella prevenzione della sindrome cronica da affaticamento post infezione acuta da Sars-CoV-2 potrebbe sostenere ulteriormente la campagna e la politica di sensibilizzazione del pubblico. L’identificazione tempestiva dei pazienti a rischio potrebbe avere un ruolo fondamentale nel migliorare la selezione dei pazienti negli studi clinici per nuovi trattamenti preventivi della Pcs e per studi epidemiologici che valutino il peso della Pcs». La conclusione dei ricercatori è che i pazienti che ne sono affetti, non possono essere dimenticati: «C’è un urgente bisogno di nuovi farmaci per trattare le sequele dell’infezione da Sars-CoV-2. Anche se la pandemia di Covid-19 volge al termine, il numero di persone che soffriranno negli anni a venire di Pcs, eticamente non ci consente di limitare la ricerca di base e clinica in questo campo».

LA SITUAZIONE

Secondo il bollettino settimanale diffuso ieri dal ministero della Salute, dal 21 febbraio 2020 sono stati ufficialmente registrati 2.731.517 contagi in Veneto e 582.173 in Friuli Venezia Giulia. Rispetto ad allora, però, la situazione è molto diversa, tanto che giovedì il ministro Orazio Schillaci ha annunciato che «è una questione di giorni la rimozione dell’isolamento per le persone positive al Covid». In questo momento tale decisione coinvolgerebbe a Nordest oltre 15.000 soggetti.

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Il Gazzettino