Si è spenta Metella, ultima "giusta" di Este: ai tempi della guerra salvò la vita a due ebrei

Licia Metella Conegian, morta a 95 anni, ultima giusta di Este
ESTE - «Chi salva una vita, salva il mondo intero»: sta scritto così nel Talmud di Babilonia. E di vite umane Metella Gambarin ne ha salvate due quando, in...

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ESTE - «Chi salva una vita, salva il mondo intero»: sta scritto così nel Talmud di Babilonia. E di vite umane Metella Gambarin ne ha salvate due quando, in gioventù, aveva ospitato in casa gli ebrei Marcello Namer e Rinaldo Treves, sottraendoli alla deportazione e allo sterminio. Ieri, il duomo di S. Tecla si è riempito per dire addio all’ultima giusta di Este, morta a 95 anni dopo una vita di lavoro, amore per la famiglia e volontariato.

Nata nel 1927 come Licia Metella Conegian, era cresciuta nella casa di famiglia di viale Fiume 39. Fino a pochi anni fa, pochissimi sapevano che quell’abitazione si era trasformata - da dicembre ’43 al 26 aprile del ‘45 - in rifugio per due cittadini ebrei. Metella lo ha raccontato nel 2005 in un diario di una ventina di pagine, scritto su invito dell’allora sindaco Vanni Mengotto.

IL RACCONTO

Nel 1943, i nazifascisti intensificano le persecuzioni contro gli ebrei italiani. Rischiando la pelle, Arcangelo Conegian e Giulia Tinello aprono le porte di casa al giovane israelita veneziano Marcello Namer. Il suo nome compare negli annali dell’Università Ca’ Foscari dove, nel 1937, si era laureato in Scienze economiche e commerciali. Si tratta di un ragazzo preparato e avviato ad una brillante carriera, bruscamente interrotta dalle leggi razziali e dall’emarginazione sociale che ne conseguì. Ma i coniugi Gambarin non si fermano e dicono che «dove ce ne sta uno, ce ne stanno anche due»: così, accolgono anche il barone padovano Rinaldo Treves, vittima di delazione. La testimonianza di ciò emerge dagli atti di un processo conclusosi nel 1946, all’esito del quale viene condannato per «collaborazione col tedesco invasore» tale Gioacchino Tezza, descritto come uno squadrista crudele ed invasato. Tezza aveva denunciato Treves all’autorità, «insistendo per ottenerne l’arresto». Il questore stesso provò ad avvertire il barone del pericolo che correva, ma Rinaldo Treves si era già rifugiato ad Este. Nel frattempo, altri delatori mandano le brigate nere e i tedeschi a controllare tre volte la casa dei Conegian, ma Metella fa sì che non trovino nulla.

Dichiara David Salvadori, unico superstite della comunità ebraica di Este: «La vicenda è rimasta un po’ nell’ombra per via dell’indole riservata della signora, ma porta alla luce una realtà di segno opposto a quella della deportazione di Anna ed Emma Zevi», le due ebree atestine prelevate un sabato mattina del ’43 dal loro negozio di mercerie e diventate cenere a Birkenau. Per uno strano gioco del destino, anche Metella Gambarin ha gestito per una vita intera un negozio di mercerie in via Cavour, dapprima insieme al marito Giuseppe e poi da sola. Intere generazioni di atestini l’hanno incontrata, o in bottega o nei tanti ambiti di volontariato che la donna seguiva, dal catechismo all’assistenza ai malati. La sua scomparsa lascia nel dolore i figli Giovanni, Felice, Elisabetta e Ketty.
 

 

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Il Gazzettino