Lega, al congresso veneto Stefani "umilia" Manzato: «Ora puntiamo al futuro»

PADOVA  - Sette anni dopo l'ultimo congresso e dopo quattro di gestione commissariale imposta da via Bellerio, la Lega-Liga Veneta ha un nuovo segretario. È il...

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PADOVA  - Sette anni dopo l'ultimo congresso e dopo quattro di gestione commissariale imposta da via Bellerio, la Lega-Liga Veneta ha un nuovo segretario. È il padovano Alberto Stefani, 31 anni il prossimo novembre, nel movimento da quando ne aveva 16, nel frattempo diventato sindaco di Borgoricco e deputato della Repubblica. È il giovane che in Veneto rappresenta la linea salviniana del fu Carroccio, ma che tra i sostenitori vanta anche esponenti istituzionali, come si è capito dalle parole del governatore Luca Zaia.


Dalle urne l'ex sottosegretario trevigiano Franco Manzato esce sconfitto e con lui la linea dei "vecchi" e "giovani" ortodossi bossiani (Gian Paolo Gobbo, Toni Da Re, Dimitri Coin) e del tentativo di riposizionare al "centro" un movimento che nel nuovo Governo di Giorgia Meloni rischia di restare schiacciato, come si è visto alle ultime Politiche. Un congresso, tuttavia, che ha sprecato un'occasione: poteva ripartire dando la voce ai militanti, invece ha continuato la tradizione di far votare i soli delegati, con un dettaglio desolante: non c'è stato dibattito, i big non sono intervenuti, hanno parlato i due candidati alla segreteria, il presidente della Regione, quattro semplici iscritti (Enrico Giorgiutti, Paolo Paternoster, Marco Polato, Antonio Lanato). I rappresentanti di Governo (i sottosegretari Massimo Bitonci e Andrea Ostellari), i parlamentari, i consiglieri regionali, i sindaci, gli amministratori che il vessillo della Lega l'hanno portato sia quando il partito era ai minimi storici che quando trionfava: presenti, ma silenti. «Questo non è un congresso, è un "votificio"», commentavano nei corridoi del Four Points by Sheraton all'uscita del casello autostradale di Padova Est, dove dalle otto del mattino, mescolati a torpedoni di vacanzieri, i leghisti-lighisti sono arrivati da tutto il Veneto. 472 aventi diritto al voto, di cui 52 delegati di diritto in regola con il versamento dei contributi volontari (e infatti Gabriele Michieletto e Silvia Rizzotto, più di 50mila euro non versati in due, non figuravano nell'elenco, depennati per morosità), ma nessuno che abbia sentito il bisogno di dire la sua. Neanche tutti si sono presentati e il più illustre degli assenti è stato Roberto Marcato, l'assessore regionale che per due anni ha inseguito il "sogno" della candidatura ed è stato cecchinato dai suoi stessi iniziali sostenitori, che alla fine hanno preferito puntare su Manzato. Si è presentato invece Fabrizio Boron, ma, da espulso, senza poter votare. È finita con questi numeri: 454 votanti su 472 aventi diritto, 288 voti per Stefani, 160 per Manzato, 4 schede bianche, 2 nulle.


Il congresso, presieduto dal senatore friulano Marco Dreosto, ha seguito l'ordine alfabetico: primo a intervenire Franco Manzato (presentato come "Franco Marcato", un lapsus che ha fatto ovviamente ridere la platea), secondo Alberto Stefani, ultimo Luca Zaia. Tutto questo alla presenza della stampa. Poi, quando è iniziato il "dibattito", cioè gli interventi di soli 4 delegati su 472, i giornalisti sono stati fatti uscire. E già così è stato un "successo" di democraticità: inizialmente il congresso doveva tenersi a porte chiuse (sic).


MANZATO
Franco Manzato, fino a ieri considerato salviniano ma in questo congresso supportato dai lighisti Gian Paolo Gobbo e Toni Da Re con la regia del trevigiano Dimitri Coin, dopo aver elogiato Umberto Bossi ha puntato su due concetti. Il primo: la Liga non può essere schiacciata a destra. «Noi siamo una forza di centro». Secondo: non c'è solo l'autonomia da ottenere, c'è da «riscrivere il rapporto tra Stato e cittadino soprattutto in tema di fiscalità». Ha parlato delle famiglie che faticano ad arrivare a fine mese, delle difficoltà di far fronte alle spese per accudire i genitori anziani, dei giovani che emigrano perché all'estero gli stipendi sono migliori. «Mi candido per l'unità del movimento, niente contro nessuno».


STEFANI
L'intervento più breve (9 minuti), ma anche il più applaudito, è stato quello di Alberto Stefani: «Non sono qui contro qualcuno, ma per qualcosa». E riproponendo i 15 punti programmatici già anticipati sui social (dalla comunicazione alla scuola di formazione), ha detto di voler aprire «un cammino nuovo che difenda le migliori energie: i militanti, le sezioni, ma anche la Lega (mai pronunciata la parola Liga, ndr) di governo». Due i cardini: «Guardare avanti» e «il rispetto». E su questo ha insistito: «In questi due anni non ho risposto a nessun attacco perché avrei creato un danno al movimento e ai militanti. Si deve tornare a fare politica con la gioia, con il sorriso». Stefani ha quattro anni davanti a sé per provarci.


I COMMENTI


«Ora il partito parli compatto, con un'unica voce e lavori unito», ha commentato Stefani, attorniato da Bitonci, Ostellari e Bizzotto, appena la vittoria è stata certa. «Non credo di andare avanti in politica, ora tocca a loro governare e assumersi le responsabilità», ha detto Manzato. Che non avrà ruoli nella segreteria: «I miei vice - ha detto Stefani - saranno i militanti». Al neosegretario il tweet di Matteo Salvini: «Complimenti ad Alberto Stefani, eletto dai militanti segretario della Lega in Veneto. In bocca al lupo e buon lavoro a lui e a tutti i componenti del direttivo con la certezza che si lavorerà con unità e passione, Autonomia, lavoro, sicurezza e crescita del Veneto e dell'Italia come obiettivi comuni».


 

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Il Gazzettino