Provedel, portiere con il vizio del gol: «Ho studiato il mio amico Immobile e questa volta me la godo»

Il pasianese della Lazio è il secondo estremo capace di segnare su azione in Champions

Provedel, portiere con il vizio del gol: «Ho studiato il mio amico Immobile e questa volta me la godo»
PORDENONE - Un gol che vale 930 mila euro. Il solo premio che l’Uefa assegna ai club per un pareggio nei gironi della competizione calcistica europea più...

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PORDENONE - Un gol che vale 930 mila euro. Il solo premio che l’Uefa assegna ai club per un pareggio nei gironi della competizione calcistica europea più prestigiosa, coprirà oltre metà dell’ingaggio stagionale di Ivan “Il terribile” Provedel. Ossia del portiere bomber che ha segnato martedì notte all’Olimpico contro l’Atletico Madrid, a tempo scaduto, regalando l’1-1 alla sua Lazio. «Adesso me la godo», ha detto il ragazzo partito 14 anni fa da Cecchini di Pasiano con una valigia piena di sogni. Ha ragione. Il suo imperioso colpo di testa al 95’ ha già fatto il giro del mondo. Non è la prima volta: il discepolo di Francesco Toldo aveva già punito nello stesso modo l’Ascoli, quando giocava in serie B con la Juve Stabia, nel match finito 2-2 del 7 febbraio 2020.


PRIMATO
Ieri il suo gesto tecnico è rimbalzato sui siti (e non solo) di Bbc e Cbs, in quello prestigioso dell’Èquipe, perfino sul Times of India. È già diventato un mito, con il pari ruolo sloveno Jan Oblak (da anni tra i migliori numeri uno europei) ridotto al ruolo di triste comparsa. La stessa Uefa ha dedicato un post all’impresa del friulano. Del resto soltanto il portiere turco Sinan Bolat era stato capace di segnare su azione in Champions, mentre i più celebri Jorg Butt e Vincent Enyeama erano andati a bersaglio da fermo, su rigore. Tutta un’altra storia. «È una notte che ricorderò per sempre - sorride il biondo, che ha studiato musica e nel tempo libero ama suonare la pianola -. Sono apparso freddo nell’esultanza? Diciamo che mi è servito un po’ di tempo per rendermi conto di quanto era successo. Per la verità, anche adesso fatico a capire. Sappiamo che il calcio, sia nelle cose belle che in quelle brutte, è rapidissimo». Giocando ogni tre giorni si passa dalla polvere all’altare e viceversa. «È stato un bel gol? Può darsi, purtroppo non abbiamo vinto - argomenta -. Se mi consentite una battuta, posso dire che ho studiato bene i movimenti del mio amico Ciro Immobile». Meglio questa rete, al debutto in Champions, o quella segnata ad Ascoli? «Entrambe - taglia corto il 29enne - hanno un grande significato per me, ma sono state due situazioni ben diverse. Questa volta in area c’era tanta confusione. Mi avevano detto quanto mancava alla fine e sono andato avanti di corsa, alla disperata. So che Luis Alberto crossa solitamente sul secondo palo, quello era l’unico spazio vuoto e io mi sono fiondato proprio lì».


MAESTRI


Ivan, stregato dal grande Lev Yashin, nel 2008-09 giocava attaccante tra i Giovanissimi del Pordenone. Segnava a raffica, ma lui sognava i pali. E solo quelli. Il fratello maggiore Pierpaolo e papà Venanzio lo assecondarono, portandolo in estate agli Allievi del LiaPiave, dove la sua “carriera” svoltò grazie all’incontro con il maestro Renzo Zanet e le sue “macchine fantastiche”, fra sensori e telecamere. «Lo sottoposi ai test - racconta l’oggi ottantenne di Lutrano di Fontanelle - e i verdetti furono chiarissimi. Il ragazzo aveva numeri da portiere di razza per rapidità di esecuzione del gesto tecnico, spinta, passo incrociato, postura. Anche il tempo di latenza, quello che intercorre tra ciò che l’occhio vede e il cervello elabora nella traslazione, era ottimale». Non solo. «Impressionò subito il nostro responsabile della Scuola calcio, Gianfranco Zigoni, che non esitò un attimo ad approvare il suo tesseramento», aggiunge Domenico Favero, ai tempi presidente del Basalghelle. Da lì il decollo, con successivo passaggio all’Udinese. Al Centro Bruseschi il “Piccolo zar” trovò un altro punto di riferimento, il cordovadese Michelangelo Mason, già preparatore dei portieri di Milan e Venezia. «Di Ivan mi colpivano l’impegno quotidiano, la dedizione al lavoro e la voglia d’imparare sempre qualcosa di nuovo - dice Mason, che sul ruolo di estremo ha scritto pure un manuale, presentato poi al Centro tecnico azzurro di Coverciano -. Non dimenticherò mai i suoi occhi, né la sua espressione in allenamento: una concentrazione assoluta, quasi fosse in trance, con un’espansione dei sensi». Che forza. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino