Trovati dieci lavoratori in nero a confezionare frutta

L'interno dell'azienda agricola ispezionata
TRECENTA - Nove donne e un uomo. Lavoratori, ma senza uno straccio di contratto e, quindi, anche senza alcuna tutela previdenziale e assicurativa. Impiegati nel...

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TRECENTA - Nove donne e un uomo. Lavoratori, ma senza uno straccio di contratto e, quindi, anche senza alcuna tutela previdenziale e assicurativa. Impiegati nel confezionamento della frutta in un’azienda agricola di Trecenta, reclutati con l’intermediazione sospetta di cooperative che sempre più frequentemente nascono e si collocano in una “zona grigia”. Sono le cosiddette “aziende senza terra”, verso le quali la Fai Cisl, la federazione che si occupa del settore primario, nella sua campagna estiva contro il caporalato, ha evidenziato la necessità di puntare i riflettori.

 
E a far luce sulle ombre di questi reclutamenti di braccia senza diritti ci hanno pensato gli ispettori del lavoro, che nella tarda serata di giovedì, insieme ai carabinieri del Nucleo dell’Ispettorato del Lavoro, in raccordo con i loro colleghi della Stazione di Trecenta ed i carabinieri forestali di Trecenta, hanno dato vita ad un accurato controllo in una azienda agricola proprio di Trecenta, attiva nel confezionamento delle pomacee. Nel corso del controllo sono stati trovati intenti al lavoro 10 operai, tutti di nazionalità marocchina e tutti in regola con il permesso di soggiorno, ma risultati essere occupati in “nero”. Le attenzioni si sono subito concentrate anche sulla verifica dei contratti di appalto fra l’azienda agricola e le cooperative, gestite da cittadini extracomunitari, utilizzate per le lavorazioni di confezionamento della frutta. Per una di queste società è stata disposta la sospensione dell’attività fino a quando non provvederà alla regolarizzazione del lavoratori “in nero”.

«Le cosiddette “cooperative senza terra” - aveva spiegato quest’estate Gilberto Baratto, segretario Fai Cisl di Padova e Rovigo - che offrono prestazioni di lavoro alle aziende senza avere direttamente terra da lavorare, sono un fenomeno nuovo dalle nostre parti e che va monitorato con attenzione. Nelle sue pieghe, infatti, rischiano di annidarsi nuove forme di sfruttamento». Dagli accertamenti sono emerse anche quelle che vengono definite «evidenti irregolarità in materia di salute e sicurezza sul lavoro quali, a titolo esemplificativo, mancata effettuazione delle prescritte visite mediche per lavoro notturno, mancata effettuazione del corso per la guida dei carrelli elevatori e mancato utilizzo dei dispositivi di protezione individuale». Queste contestazioni hanno portato a sanzioni amministrative che, al momento, ammontano a 40mila euro. Quanto emerso sarà poi portato all’attenzione della Procura, per valutare le violazioni di carattere penale. Gli accertamenti, nel frattempo, vanno avanti, anche per ricostruire le posizioni lavorative di tutti i gli operai anche sotto il profilo della quantificazione degli eventuali contributi previdenziali che non sono stati versati. «Le ispezioni – spiegano dall’Ispettorato territoriale del lavoro di Rovigo - rientrano nella vasta e costante attività di contrasto al fenomeno del caporalato e del lavoro nero in agricoltura e sono frutto di una puntuale attività di intelligence e di collaborazione fra i vari organi di controllo, con monitoraggio costante del territorio provinciale per prevenire i fenomeni illeciti». Grazie anche allo speciale del piano sperimentale varato nel 2016 dal ministero del Lavoro, in quell’anno sono stati trovati 52 lavoratori in nero. L’anno scorso, a Rovigo e Occhiobello, 16. Quest’anno, i titolari di due agenzie interinali, entrambi marocchini, uno residente a Giacciano e uno a Bottrighe, sono stati denunciati per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino