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PORDENONE E UDINE - A quasi un anno di distanza dalla prima ondata Covid e dal lockdown della scorsa primavera che ha chiuso buona parte delle attività produttive per due mesi la situazione nel sistema produttivo locale presenta un quadro a chiaroscuri. Come nel resto del territorio regionale la situazione più pesante e preoccupante è legate ai comparti del commercio, servizi e terziario. Mentre nell’industria bilanci e fatturati dell’anno sono stati decisamente migliori.
Anche se all’interno dello stesso manifatturiero ci sono delle ombre. In genere, però, il comparto industriale ha tenuto e sta tenendo. In particolare in quella importante filiera (che comprende più ramificazioni) della casa: una “catena” produttiva che va dall’edilizia fino all’elettrodomestico, passando anche per il legno-arredo e ricomprendendo addirittura le coltellerie del maniaghese. Un po’ diversa la situazione della meccanica, anche se in questo comparto a soffrire di più sono le aziende piccole e medie rispetto a quelle più grandi e strutturate.
Sia Confindustria Alto Adriatico che le organizzazioni sindacali provinciale di Cgil, Cisl e Uil ritengono ancora necessario quel blocco. Nei giorni scorsi era stato lo stesso presidente degli industriali Michelangelo Agrusti a sottolineare - pur rimarcando che nel manifatturiero non ci sono affatto le file di lavoratori da licenziare - quanto lo sblocco dei licenziamenti non rappresenti in questo momento una urgenza. «Non mi pare - aveva detto il presidente Agrusti - una questione così impellente. Nel manifatturiero, piuttosto, il problema oggi è quello di trovare manodopera sempre più qualificata. Sui licenziamenti, non vedo questa urgenza. Ci sono gli ammortizzatori sociali, come la cassa Covid e la cassa in deroga, che le imprese pagano e che aiutano a gestire eventuali situazioni di possibili esuberi. Non credo che rimuovere il blocco sia tra le priorità del Paese in questo momento in cui le ferite sono ancora aperte».
PLAUSO SINDACALE
«Le affermazioni del presidente Agrusti sono quelle di un rappresentate di categoria che ha sotto controllo e conosce la situazione del suo territorio. Non possiamo non essere d’accordo con lui quando dice che questi provvedimenti servono ancora». Cristiano Pizzo, coordinatore provinciale Cisl, poi aggiunge: «Crediao che anche parlare di sblocco “selettivo”, dividendo aziende che meritano e altre no, non abbiamo molto senso». Una unione e una stessa volontà che accomuna le parti sociali. Ma forse non è un caso: in un anno Confindustria e sindacati hanno siglato otto accordi (sulla gestione della sicurezza sanitaria in fabbrica e sulla ripresa produttiva) che hanno consentito di gestire la situazione più difficile dal secondo dopoguerra.
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Il Gazzettino