Non conta più solo lo stipendio, i giovani cercano tempo libero e welfare aziendale: cosa si chiede ad un colloquio

Un colloquio di lavoro
In Friuli Venezia Giulia un’azienda per portare a casa una figura professionale in linea con le sue aspettative in media vede 10 candidati e fa tre offerte, al netto dei...

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In Friuli Venezia Giulia un’azienda per portare a casa una figura professionale in linea con le sue aspettative in media vede 10 candidati e fa tre offerte, al netto dei rifiuti. Numeri che, già a prima vista e ancor più se supportati dall’analisi degli esperti come la società Lhh del gruppo Adecco che li ha monitorati, dipingono efficacemente il mercato del lavoro regionale: estremamente dinamico, almeno in alcuni settori. È il caso di quello dell’Itc. Se si ricevono tre offerte al mese per responsabilità security, esemplifica in un suo recente Rapporto la società di ricerca e valorizzazione dei talenti, il candidato «va a colloquio a cuor leggero e valuta le offerte sulla base di elementi quali la retribuzione sì, ma anche flessibilità, clima aziendale, benefit e bilanciamento vita-lavoro». Tutti aspetti che imprenditori e manager aziendali devono tenere in considerazione nel reclutamento del personale e, soprattutto, nelle azioni per mantenerli al proprio interno, perché «il risparmio dato da riduzione del turnover è enorme per le aziende», evidenzia ancora il report di Lhh, società che ha recentemente aperto una sede al Polo tecnologico di Pordenone, oltre alle altre presenti in regione.


I TIMORI


Le aziende, perciò, «stanno investendo in welfare come mai prima d’ora», ma non di rado «si ritrovano nella situazione paradossale per cui molti dei servizi di welfare messi a disposizione non vengono fruiti dai lavoratori». Il motivo? Duplice secondo gli analisti del mercato: innanzitutto molti lavoratori non amano dichiarare la loro condizione di “caregiver”, cioè di essere impegnati nel prendersi cura di qualcuno in famiglia, per timore di avere ripercussioni sulla propria carriera lavorativa, e perché non sanno di poter accedere ad alcuni servizi aziendali. Lo studio di Lhh riporta i numeri dell’Osservatorio - Vita lavoro di Lifeed, secondo il quale «i dati stimano che nelle aziende, oltre il 70% delle persone sono caregiver, e cioè, si prendono cura di una o più persone care: un familiare, un figlio, un compagno». Gli stessi dati «evidenziano che poche persone comunicano sul luogo di lavoro di essere caregiver per paura che ciò possa influire negativamente sulla propria carriera. Tra coloro che lo dichiarano, il 54% ammette di aver visto svanire l’assegnazione di compiti sfidanti, il 50% ha dichiarato di aver visto invece diminuire le possibilità di crescita salariale e di premi e il 46% di aver intrapreso un percorso di carriera insoddisfacente».


LA RICETTA


Ne deriva che se imprenditori e manager vogliono attrarre i migliori talenti e, ancor più, trattenerli, è necessario che «le leve economiche e i benefit siano affiancati a percorsi di crescita delle persone», con particolare attenzione «al reskilling, più che mai fondamentale», cioè lo sviluppo di nuove competenze che consentano al lavoratore aggiornamento e crescita costante, anche per occupare mansioni diverse. Indispensabili, inoltre, «empatia e fiducia insieme all’attenzione alle performance». In sostanza, «per rispondere alla domanda di flessibilità, fiducia e possibilità di formazione delle persone, i manager devono prima di tutto modificare il proprio approccio, puntare sull’intelligenza emotiva e realizzare un nuovo modello di dimensione organizzativa», spiega Damiano Saggioro, executive director Lhh. Gli stessi lavoratori, comunque, è opportuno che puntino a un costante aggiornamento e accrescimento professionale, anche guardando all’immediato futuro. «Già oggi incominciamo a vedere avvisaglie di un rallentamento dell’offerta che negli ultimi mesi è stata piuttosto sostenuta soprattutto in alcuni settori. L’anno prossimo ci sarà un riassetto tra domanda e offerta di lavoro anche in Friuli Venezia Giulia», conclude Saggioro.

 

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Il Gazzettino