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BELLUNO - Soltanto nel mese di settembre Belluno ha perso oltre 2.500 posti di lavoro, arrivando a quota 12mila disoccupati. Qualcuno potrebbe obiettare che è un arco di tempo troppo breve per stabilire un andamento. Eppure, anche facendo riferimento ai primi nove mesi dell’anno, positivi in tutte le province del Veneto, si scopre che per quella dolomitica il risultato non cambia. Tutti i valori sono in salita, in particolar modo a Venezia (23mila posizioni lavorative in più) e a Verona (26mila), eccetto a Belluno che perde più di 1400 lavoratori. È quanto emerge dai dati sull’occupazione in Veneto pubblicati ieri su “La Bussola” di Veneto Lavoro. «I segnali registrati nei mesi scorsi sono stati confermati a settembre con un calo di 5.000 posti di lavoro – commenta l’assessore regionale al lavoro Elena Donazzan - Se pensiamo che, complessivamente nel trimestre, i posti di lavoro persi sono 6.200, ben si comprende la preoccupazione. Va detto che i numeri negativi sono effetto dell’andamento dei contratti stagionali in agricoltura».
CONTRATTI STAGIONALI
La fine dei contratti stagionali è sicuramente una delle cause, ma non l’unica. Soprattutto nel Bellunese dove il dato non riesce a svincolarsi dal segno meno. Isoliamo il mese di settembre.
SETTORE PRIMARIO IN CALO
Infatti, a livello numerico, la dinamica positiva registrata da industria e servizi compensa il calo del settore primario sul fronte delle assunzioni: a livello regionale, i 153.000 nuovi reclutamenti del periodo luglio-settembre risultano allo stesso livello di quelli registrati nel 2021 e in crescita del +3,7% rispetto al 2019. Il mese di settembre, caratterizzato dalle dinamiche stagionali relative alle attività di vendemmia, è quello che determina il bilancio trimestrale, con un saldo negativo di 5.000 posizioni lavorative. «Nonostante la preoccupazione crescente, i dati evidenziano in Veneto prospettive occupazionali positive rispetto al contesto economico fortemente influenzato dalle dinamiche internazionali – aggiunge l’assessore Donazzan -. Registriamo saldi positivi in tutte le province, con picchi a Venezia e Verona e l’eccezione di Belluno. Appare ridimensionato anche il fenomeno delle dimissioni, che permane oggetto di monitoraggio specifico e di attenta analisi insieme al quadro generale dei dati sull’occupazione di questi mesi di incertezza».
L’ALLARME
Le cessazioni sono state complessivamente 159.000 nel trimestre (+8% sul 2021), la maggior parte delle quali dovute alla conclusione di contratti a termine. Le dimissioni, 50.200 nel trimestre e complessivamente 153.800 da inizio anno, rappresentano circa un terzo delle cause di risoluzione e sembrano essere un fenomeno in diminuzione rispetto ai primi mesi dell’anno. Esclusa Belluno, non si può dire che a livello regionale stia andando male. Complessivamente, da inizio anno il mercato del lavoro veneto ha registrato una crescita di 71.000 posti di lavoro dipendente, così suddivisi: 16.000 nel settore primario, 18.000 nell’industria e 37.000 nei servizi. La domanda di lavoro è aumentata del 19%, con andamenti particolarmente vivaci nei settori delle calzature (+59%), dell’occhialeria, della concia e del turismo (tutti attorno al +40%), mentre l’agricoltura segna un -6%, frutto di un anno abbastanza povero sul versante dei reclutamenti.
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