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VENEZIA - Lo scorso 29 maggio il Comitato regionale di coordinamento delle Università del Veneto (Coreco) aveva espresso «parere non favorevole» all'istanza di UniCamillus di avviare il nuovo corso di Medicina e chirurgia a Venezia. Gli atenei di Padova e Verona si erano anzi detti «pronti» ad assorbire l'eventuale aumento dei posti che fosse stato deciso dal ministero, dopo aver già ottenuto incrementi rispettivamente di 60 e 30 matricole nella programmazione nazionale del numero chiuso, in quanto erano consapevoli della richiesta di una maggiore disponibilità di camici bianchi «per il fabbisogno del territorio» avanzata da Palazzo Balbi. È il retroscena dell'operazione con cui la Saint Camillus International University of Health Sciences sbarcherà in laguna a dicembre, ora che il ministro Anna Maria Bernini ha firmato il decreto che sblocca lo stallo burocratico.
LA SODDISFAZIONE
Nel ringraziare proprio «la ministra Bernini per aver dato il via a questa nuova entusiasmante esperienza accademica», il rettore Gianni Profita esprime soddisfazione per il via libera agli 80 posti: «Negli ultimi mesi abbiamo lavorato tutti alacremente per realizzare e portare a compimento questo progetto di ampliamento.
I REQUISITI
Giovanni Leoni, presidente dell'Ordine dei medici, valuta positivamente la notizia dell'arrivo di Medicina al San Camillo: «Credo che sia un campus ideale per studiare come location, anche se non conosco in realtà i dettagli del progetto. La capacità attrattiva per i discenti sarà verificata sul campo. Per il Lido e per Venezia è sicuramente un progetto qualificante». Invece «nessun commento» dal Bo. Al tavolo del Coreco siede anche l'assessore regionale Elena Donazzan, insieme ai rettori e ai rappresentanti degli studenti di Padova, Verona, Ca' Foscari e Iuav. Perché quel parere non favorevole? «Da quello che ricordo risponde la titolare della delega all'Università non per ostracismo nei confronti di UniCamillus, tant'è vero che l'area Sanità della Regione ha dato il suo assenso alla proposta. Ma a fronte degli approfondimenti svolti in ambito universitario su contratti, spazi e tirocini, era stato ritenuto che i tempi non fossero maturi. Da quanto ci è stato poi riferito, il decreto ministeriale è stato un atto dovuto a fronte dei pronunciamenti del Tar e del Consiglio di Stato». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino