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BELLUNO - Proprio alla vigilia della giornata mondiale del latte (che si celebra appunto oggi, 1 giugno, in uno scenario di grande incertezza determinato in primo luogo dalla guerra in Ucraina) arriva il grido d'allarme delle poche latterie della Valbelluna ancora attive. Qualcuna, forse, lo sarà ancora per poco. Proprio ieri, a Sedico, nella vecchia sede dell'Unione montana Valbelluna, l'assessore comunitario Alex Segato e il suo omologo per la Belluno-Ponte nelle Alpi, Oliseo Salvagno, hanno presentato la quattordicesima edizione della manifestazione Latterie aperte in Valbelluna. Al tavolo dei relatori, con i due esponenti delle istituzioni, e con il responsabile dell'ufficio tecnico dell'Unione montana Emanuel De Cassan, erano seduti anche alcuni rappresentanti delle ormai poche latterie - sette in tutto - ancora attive nei due ambiti territoriali (a Camolino, Frontin, Sedico, Tisoi, Valmorel, Lentiai e Sant'Antonio Tortal). Che non hanno mancato di far sentire la voce di un settore in forte difficoltà. E non solo a causa della guerra e del Covid.
IL DECLINO
Un settore che fino ad alcuni decenni fa contava in provincia oltre trecento latterie. A dare voce alle difficoltà del momento sono stati Francesco Battiston (per la latteria di Lentiai), Renzo Volpani (Frontin), Johnny Sommacal (Valmorel) e Alfonso Barp (Camolino). Realtà tra loro molto diverse che lavorano non a caso quantità molto diverse di latte. Che vanno dai circa 15 mila quintali l'anno di Camolino o Lentiai, ai 1400 di Sant'Antonio. Crollato, in questi decenni è anche il numero dei soci che conferiscono in latteria il loro latte (a Lentiai, ad esempio, si è scesi da 154 soci a 8). Non per questo la quantità di latte lavorato è diminuita, anzi. Semplicemente è cambiata la dimensione delle stalle. Sono scomparse le piccole stalle con un paio di mucche e sono rimaste solo quelle di maggiori dimensioni.
LE SCELTE DELLA POLITICA
Ma una denuncia forte, pur non esplicita, di alcune scelte operate dalla politica è arrivata. «Un tempo potevamo contare, per commercializzare i nostri prodotti - ha spiegato Battiston - su una fitta rete di botteghe che operavano nei vari paesi alle quali fornivamo il formaggio. Ora queste botteghe sono scomparse e dobbiamo confrontarci con i supermercati che impongono i loro prezzi: ci dicono esplicitamente che se non abbassiamo i nostri prezzi trovano formaggi a prezzo migliore dappertutto. Così, dopo due anni in cui ci è venuta a mancare anche quella che per le nostre vendite, era un'importante valvola di sfogo, ovvero il turismo, frenato dal Covid, oggi rischiamo di essere costretti a vendere sottocosto i nostri prodotti ai supermercati». E poi bisogna fare i conti con un mercato impazzito. «Non è possibile ha rimarcato qualcuno che un litro di latte costi 50 centesimi e uno di prosecco quaranta volte di più. Abbiamo operato importanti investimenti, in questi anni, ed abbiamo dipendenti da pagare. L'aumento dei prezzi dell'energia, ad esempio, ci penalizza ulteriormente. Non è facile nemmeno trovare personale. Ed ancor più difficile è il ricambio generazionale. Una dopo l'altra, tante aziende del lattiero caseario rischiano di chiudere. E così anche qualcuna delle nostre latterie».
CURA DELL'AMBIENTE
«Da parte nostra hanno rilevato Segato e Salvagno anche con queste iniziative vogliamo che emerga l'importanza di questo settore anche indirettamente, per la cura dell'ambiente della montagna bellunese. E anche la gente può fare la sua parte: comprando i prodotti di queste latterie».
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Il Gazzettino