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BELLUNO - Nel 2014, dopo 7 anni di relazione, era stato lasciato da una 31enne di Feltre. Nel 2018, dopo un anno di idillio, a lasciarlo era stata, invece, una 30enne di Belluno. In tutti e due i casi l'uomo si sarebbe vendicato mandando le foto intime delle due ex ai loro contatti, arrivando addirittura a pubblicarle in un sito hard. Ad aggravare il quadro il metodo utilizzato: nei social si sarebbe infatti sostituito alle vittime e inviando quegli scatti dai loro profili. Davanti al giudice, dove è arrivato al termine delle indagini condotte dal pubblico ministero Roberta Gallego, il 34enne originario del trevigiano e ora residente a Sedico dovrà rispondere di una serie di accuse che vanno dagli atti persecutori alla sostituzione di persona, passando per la diffamazione. Due le vittime identificate dagli investigatori. Con entrambe l'uomo aveva avuto una relazione sentimentale terminata contro la sua volontà.
UN PASSO INDIETRO
Secondo la ricostruzione fatta della procura, attraverso una serie di azioni, l'uomo (difeso dall'avvocato Maurizio Paniz) avrebbe posto in essere degli atti persecutori nei confronti della sua ex (la 31enne di Feltre, oggi assistita dall'avvocato Liuba D'Agostini). Prima avrebbe tentato, in modo petulante, di contattarla al telefono e attraverso le varie piattaforme social, poi attraverso l'uso delle credenziali Facebook si sarebbe impossessato dell'identità digitale della giovane, fingendo di essere lei e di inviare messaggi e fotografie ottenute dalla ragazza all'epoca della relazione.
L'OBIETTIVO
Per gli inquirenti lo scopo della pubblicazione di quelle immagini scattate durante la relazione e poi inviate fuori dal contesto a cui erano destinate è sempre lo stesso: screditare la reputazione della vittima. Ieri in aula sono state sentite le due ex fidanzate e quattro testimoni, davanti al giudice hanno fornito la loro versione dei fatti su quei comportamenti e su quegli scatti. Il 24 maggio toccherà ad altri sette testimoni del pubblico ministero fornire la loro versione dei fatti. Poi toccherà a pubblico ministero e difesa, infine al giudice a cui spetterà il compito di mettere la parola fine alla vicenda. Almeno a quella processuale.
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Il Gazzettino