Calzaturieri, la scarpa del Brenta vuole il marchio Doc: appello a Renzi

Calzaturieri, la scarpa del Brenta vuole il marchio Doc: appello a Renzi
VENEZIA - Entrare in un negozio di scarpe, valutare l'acquisto e scoprire che alcune calzature sono certificate "Made in Venezia - Riviera del Brenta", con tanto di...

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VENEZIA - Entrare in un negozio di scarpe, valutare l'acquisto e scoprire che alcune calzature sono certificate "Made in Venezia - Riviera del Brenta", con tanto di tracciabilità della filiera produttiva sulla scatola, a garanzia della qualità del prodotto, un po' come avviene per la carne. Il marchio è l'obiettivo che si è dato Acrib (Associazione calzaturifici della Riviera del Brenta) e per realizzarlo ha sottoscritto un accordo con Confindustria Venezia e Padova, Associazione Artigiani e Piccola Impresa "Città della Riviera del Brenta", Cna regionale e provinciale di Venezia, Filctem Cgil e Femca Cisl.




«Questo accordo eleverà qualità ed eticità del nostro prodotto - spiega Siro Badon, presidente Acrib - eliminando le sacche di irregolarità interne al distretto. Adesso Istituzioni e forze economiche, Regione in primis, devono fare la loro parte. Sosteniamo la produzione del nostro territorio». Produzione e fatturato del comparto - asserisce Acrib - si sono confermate nell'ultimo decennio, attestandosi a quasi 20 milioni di paia di scarpe e 1,65 miliardi con un export pari al 91%.

Badon si toglie qualche sassolino dalla scarpa: «Da tempo siamo oggetto di una campagna denigratoria che ci ha fatto passare per delinquenti quando siamo stati i primi a lavorare per la regolarizzazione dei laboratori clandestini. Per primi nel 2010 abbiamo fissato tempi minimi per la realizzazione del prodotto e il costo al minuto della lavorazione. Ma siamo conosciuti più per i laboratori cinesi che per il fatto che facciamo le scarpe più belle del mondo. Ma forse qualcuno ha l'interesse che questo meccanismo si rompa». Il presidente Acrib si scalda: «Occorre andare a vedere realmente dov'è l'evasione in Italia e dove i laboratori clandestini lavorano indisturbati. Non sono qui, ma in altre parti d'Italia».



«Non chiudiamo gli occhi - ha chiosato Stefano Facin di Filctem Cgil - Ci sono fenomeni così anche qua e vogliamo contrastarli. Nel 2010 siamo stati osteggiati da altre associazioni di altri territori d'Italia. Mi auguro che l'Associazione nazionale dei calzaturifici adotti il modello definito con questo accordo. E che la Regione Veneto si adoperi per la sua realizzazione. O Zaia vuole difendere solo Prosecco e Tiramisù?» «Ci piacerebbe che questo protocollo venisse esteso ad altri settori, penso ad esempio a quello della moda», ha commentato Mario Siviero, Femca Cisl.


L'Associazione scriverà una lettera aperta al presidente del Consiglio Matteo Renzi per portare alla sua attenzione le novità e la portata del nuovo accordo.

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Il Gazzettino