ROVIGO - (F.Cam.) Suicidio? Per chi ha indagato a fondo non sarebbe così. Sono passati esattamente sette anni dal 25 luglio 2010, quando il capitano Marco Callegaro,...
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Le indagini condotte dal sostituto procuratore Masala e dal procuratore militare di Roma Marco De Paolis hanno preso il via proprio dalla morte sospetta del capitano Callegaro. Il militare polesano, infatti, era stato a capo della gestione patrimoniale al Centro amministrativo d'intendenza di Kabul. In pratica, era l'addetto alla gestione finanziaria dei rifornimenti della missione italiana in Afghanistan e proprio sulla sua scrivania erano passate le carte dei contratti relativi al noleggio. Con tre fatture, relative ad altrettanti mezzi affittati da una ditta afghana dal 1 marzo al 31 luglio per una spesa di circa 100mila euro, che a maggio l'ufficio guidato da Callegaro aveva bloccato proprio per le difformità nelle blindature riscontrate nei tre veicoli con un certificato che sarebbe risultato contraffatto. La versione del suicidio non ha mai convinto i suoi familiari e, in particolare, il padre Marino che proprio in questi giorni ha pubblicato un libro, 8.40, nel quale traccia una biografia del figlio e, seppur in modo molto sfumato, affronta anche il tema della sua morte. Non un suicidio. «Marco non lo avrebbe mai fatto ha sottolineato quando è arrivata la notizia del rinvio a giudizio degli ufficiali per la truffa - E se già all'inizio avevo dei dubbi, con il passare del tempo tutti gli elementi li hanno aumentati ancora di più».
Lo scorso 6 aprile si è tolto la vita uno dei sei ufficiali che erano stati rinviati a giudizio, il colonnello Antonio Muscogiuri, che nel 2010 era a Kabul nella missione italiana ed era il capo di Callegaro.
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Il Gazzettino