Cosa resta della Guerra Fredda: la bocca di fuoco dentro il finto stavolo

La bocca di fuoco della Guerra Fredda nascosta nel finto stavolo
VAL RESIA (Udine) - Cosa resta della Guerra Fredda in Friuli? Tanto, e quasi tutto abbandonato. Tra le postazioni di controllo meno note c'è quella, non segnalata...

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VAL RESIA (Udine) - Cosa resta della Guerra Fredda in Friuli? Tanto, e quasi tutto abbandonato. Tra le postazioni di controllo meno note c'è quella, non segnalata e non conosciuta, che si scopre a sorpresa, a Sella Carnizza, in Val Resia, a due passi dal confine con quella che era la ex Jugoslavia e che oggi è l'accogliente e amica Repubblica di Slovenia; è una vera e propria bocca di fuoco, una postazione militare nascosta abilmente da un finto stavolo (nelle foto), per passare inosservata agli allora nemici dell'Italia, dalla terra e dal cielo.


In questi anni, in cui si vorrebbe valorizzare non solo la montagna ma anche le trincee della Grande Guerra e tutto quel che resta delle fortificazioni dei due conflitti, compresi quelli della Guerra Fredda, questa bocca di fuoco, conservatasi quasi perfettamente, non conta né un cartello di indicazione e spiegazione, né è messa in sicurezza, affinché nessuno possa entrarci e, magari, farsi male.
Sulla via che si stacca da Sella Carnizza e che porta alla chiesa di Sant'Anna, la si scorge per caso. Di primo acchito sembra uno stavolo, un fienile, un ricovero per animali portati all'alpeggio. Poi se ti avvicini vedi la colata di acciaio, la grossa feritoia da cui si poteva sparare e dalla quale di può ancora entrare, anche se non proprio agilmente. Negli ambienti interni i punti contrassegnati da scritte sul muro per i miliari, ben leggibili. E oltre una serie di cuculi, prese d'aria e gallerie che portano in altri punti della località.

Il finto stavolo è decadente, sta cadendo a pezzi. Realizzato negli anni Sessanta del secolo scorso non è stato mai valorizzato né messo in sicurezza. Non fa parte di itinerari turistici, pur essendo immerso nel Parco Naturale regionale delle Prealpi Giulie, ed è coperto da fogliame, scarpe da trekking abbandonate e pure pezzi di acciaio che, insidiosi, spuntano dall'erba.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino