L’odissea di 15 profughi eritrei: «In Italia vogliamo fermarci poco»

L’odissea di 15 profughi eritrei: «In Italia vogliamo fermarci poco»
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MESTRE - Quattro donne e una bambina di 7 mesi affidate alla Casa Santa Chiara di Mestre; dieci maschi - quasi tutti ragazzi - distribuiti tra il Centro Caritas di Mira e l’alloggio Acli di Robegano (Venezia) gestito dalla Cooperativa Villaggio Globale. Tutti eritrei, i profughi che sono arrivati in provincia di Venezia scortati dalla polizia: al di là delle difficoltà di comunicazione con i nuovi ospiti, che parlano pochino l'inglese, bene solo l'arabo, quello che emerge è la volontà di restare poco in Italia.




Le ragazze, tra i 24 e i 26 anni raccontano a fatica del viaggio di 4 giorni per arrivare a Lampedusa su un barcone. Conservano il ricordo soprattutto del freddo pungente. «Avevamo a disposizione solo poca acqua e un po’ di frutta». Poi la tappa a Catania e il volo fino a Verona. Ma quanto abbiano pagato per quella traversata della speranza resta un mistero, forse perché ancora hanno paura di chi ha permesso loro di sognare un futuro migliore, magari in Germania, dove hanno parenti.



I ragazzi affidati al Centro San Raffaele di Mira scappano dalla guerra civile, dalla grande povertà, e soprattutto da un servizio militare lungo e pesante. Gli operatori raccontano di come, silenziosi e spaesati, si siano già integrati con gli altri 23 profughi ospitati nel grande centro, costituito da alloggi autogestiti. L’idea è quella di insegnare loro l’italiano facendoli partecipare a corsi di formazione. Qualcuno, a Robegano, ha espresso disappunto nel veder arrivare altri cinque profughi in un appartamento delle Acli che confina con una gelateria e uno studio medico. Ma in generale ha prevalso la solidarietà di fronte a volti spauriti di chi sembra uscito da un tremendo incubo. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino