Matusalemme a Nordest, speranza di vita record: il top è Treviso con quasi 84 anni di media

Anthony Hopkins nei panni di Matusalemme
Siamo tra i più fortunati. A Nordest abbiamo una speranza di vita superiore ad altre macro-zone del nostro Paese. Già. Dalle nostre parti, grazie al benessere e pure...

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Siamo tra i più fortunati. A Nordest abbiamo una speranza di vita superiore ad altre macro-zone del nostro Paese. Già. Dalle nostre parti, grazie al benessere e pure ad una maggiore scolarità che incide sulle condizioni sociali, si vive di più. E in particolare a Treviso. La Marca si piazza al primo posto in questa speciale classifica con una speranza di vita alla nascita che tocca gli 83,867 anni. La città è tallonata da Vicenza (83,642); terza, Belluno (82,620) e poi di seguito nell'ordine Padova, Verona, Venezia e Rovigo. Analoga la situazione nel Friuli Venezia Giulia. Qui prevale Pordenone (83.704) seguita da Udine, Trieste e Gorizia. Vette d'età importanti che si avvicinano ad altre città italiane come Firenze (84,094) al primo posto a livello nazionale dove, - a conti fatti - si vive ben tre anni in più rispetto a Napoli (80,683) e a Caserta (80,658).


MARCA AL TOP - Insomma, un divario non da poco che trova spiegazione in una serie di fattori sociali che, in qualche modo, condizionano (e anche pesantemente) le aspettative di vita. Ed è questa la radiografia che emerge dal dossier dell'Osservatorio nazionale sulla Salute nelle regioni italiane, un think tank, con sede a Roma, ideato da Walter Ricciardi, docente all'Università cattolica, che ha indagato e analizzato i dati sull'invecchiamento e i limiti di vita nel Belpaese nel 2016. «Treviso - sottolinea il sindaco Giovanni Manildo - ancora una volta in cima alla lista delle città dove l'aspettativa di vita è più lunga. Una classifica che ci invita a proseguire sulla strada già intrapresa. Treviso è una città a misura d'uomo, dove, nonostante la crisi, le opportunità di lavoro rispetto ad altre zone d'Italia sono più alte e i servizi al cittadino migliori. Penso al trasporto pubblico come ai servizi sanitari. In questi anni poi grazie anche alla creazione di nuove strutture che affrontano da vicino le fragilità sociali, come il dormitorio e Spazio Donna, abbiamo provato a dare un risposta concreta ai bisogni di tutti. La presenza dell'Università in città è poi un valore aggiunto». Di certo un riconoscimento importante anche dopo la sconfitta sulla proclamazione a Capitale della cultura per il 2020. «Ma no - taglia corto il sindaco - Se siamo finiti nella short list delle pretendenti, si deve anche alla qualità della vita nella nostra città».

BENESSERE A NORDEST - Ma quali sono i motivi di questo successo a Nordest nelle speranze di vita che va di pari passo con il concetto di invecchiamento attivo, quindi con iniziative, strutture e progetti che in qualche modo valorizzano l'esistenza? L'Osservatorio ne indica alcune legate in particolare modo allo stile che si conduce nella vita di tutti i giorni; sull'attenzione alla prevenzione nella lotta alle malattie e anche ad un sistema di sanità pubblica che si fa carico e sensibilizza la popolazione. Ed è proprio scendendo lungo lo Stivale che, invece, l'Osservatorio sottolinea le difficoltà e le diseguaglianze. Di fronte ad una speranza di vita a Nordest per gli uomini fino ad 81.2 anni; e 85.6 per le donne, si rileva come nel Mezzogiorno, la situazione cambi considerevolmente: la speranza di vita si abbassa per le donne (84.1) mentre crolla drasticamente per gli uomini (79.8).

L'Osservatorio identifica anche altre cause per questa disparità tra Nord e Sud, che non è solo legata a preponderanti questioni economiche. «I divari di salute - sottolinea l'indagine sono particolarmente preoccupanti quando sono legati, ancor più, allo status sociale, poichè i fattori economici e culturali influenzano direttamente gli stili di vita e condizionano le future generazioni». E da questo punto di vista, l'Osservatorio lancia un campanello di allarme sull'obesità, uno dei maggiori fattori di rischio per la salute. I dati sono indicativi: questo disturbo colpisce il 14,5 per cento delle persone con basso titolo di studio e solo il 6 per cento degli istruiti.


Infine la questione delle diseguaglianze legate all'assistenza sanitaria pubblica e alla rinuncia alla cura per l'impossibilità dei cittadini al pagamento del ticket per le prestazioni. In questo caso la rinuncia per motivi economici tra le persone con livello di studio basso è pari al 69 per cento; tra i laureati la quota si ferma al 34 per cento.
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Il Gazzettino