Il killer di Iole Tassitani chiede la libertà anticipata: no della Cassazione

Iole Tassitani e Michele Fusaro
VENEZIA - In tutto sono solo due pagine. Sufficienti però a riaprire una ferita nel Nordest che non ha dimenticato uno dei delitti più efferati: il sequestro e...

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VENEZIA - In tutto sono solo due pagine. Sufficienti però a riaprire una ferita nel Nordest che non ha dimenticato uno dei delitti più efferati: il sequestro e l'omicidio di Iole Tassitani, la figlia del notaio di Castelfranco Veneto, il cui corpo venne ritrovato a pezzi nell'antivigilia di Natale del 2007 a Bassano del Grappa. A tre lustri di distanza, l'assassino reo confesso Michele Fusaro ha chiesto la liberazione anticipata, rispetto alla condanna a 30 anni resa definitiva dalla Cassazione. Quella stessa Suprema Corte che, almeno per il momento, ha però respinto la richiesta del beneficio penitenziario, con una stringata ordinanza che dà conto di quello che appare come l'ennesimo e indecifrabile gesto di un uomo che vuole dimostrare di agire da solo: il ricorso del 55enne è stato dichiarato inammissibile in quanto presentato senza il patrocinio di un avvocato.


COLLABORAZIONE IMPOSSIBILE
Il tema della solitudine di Fusaro alimenta fin dal primo giorno il mistero del caso Tassitani. I familiari della vittima sono sempre stati convinti dell'esistenza di complici, se non addirittura di istigatori, a cui peraltro lo stesso killer sembrava voler alludere, nella lettera inviata a un ex compagno di cella affinché la recapitasse al Gazzettino nel decennale della tragedia: «Quante graffianti lacrime, caro Diego, per quelli che sono senza figlia e sorella, per quei bambini senza la loro zia: tutta colpa del mio orgoglio che mi faceva pensare che anche da solo sarei riuscito a farcela. Non so quando riuscirò ad accettarmi per quel male che ho fatto a tutti, ma come sai sono facile da circuire».
Ma nel febbraio del 2021 la Cassazione aveva confermato «sussistenti» nei suoi confronti «le condizioni della collaborazione impossibile». Ritenendo cioè che il detenuto al Due Palazzi avesse detto tutto ciò che sapeva sulla vicenda, la Suprema Corte aveva spianato la strada per l'accesso ai permessi premio. Proprio quelli che, sempre nella missiva al nostro giornale del 2017, l'ex falegname aveva invece negato di voler domandare: «Neanche da morto esco da qui».


RIEDUCAZIONE
Fusaro evidentemente deve aver cambiato idea. Risulta infatti dall'ordinanza appena depositata che il 55enne abbia chiesto pure la liberazione anticipata rispetto alla scadenza fissata nel 2037. La legge prevede che al condannato che abbia dato prove di partecipazione all'opera di rieducazione, sia concessa una detrazione di 45 giorni per ogni semestre di reclusione scontato. Si tratta di un principio di civiltà giuridica, conforme allo spirito rieducativo della pena sancito dalla Costituzione. Per attuarlo occorre che il detenuto mantenga «corretti e costruttivi rapporti con gli operatori, con i compagni, con la famiglia, con la comunità esterna», documentati dalle autorità di vigilanza, come spiega nel proprio sito il Tribunale di Sorveglianza di Venezia.
Come già il giudice di Sorveglianza di Padova in prima battuta, però, anche il collegio lagunare ha rigettato l'istanza. A quel punto il bassanese si è rivolto agli ermellini, che a loro volta l'hanno deluso, addebitandogli pure 3.000 euro di spese: «Il ricorso è inammissibile in quanto presentato personalmente dall'interessato». Le norme consentono al recluso di formulare da sé la domanda di liberazione anticipata, mentre la causa davanti alla Suprema Corte deve essere proposta da un difensore iscritto all'albo speciale della Cassazione.
L'avvocato Roberto Quintavalle, legale della famiglia Tassitani, non era al corrente di questa mossa: «Purtroppo l'ordinamento non prevede il coinvolgimento della parte civile».


 

 

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Il Gazzettino