«Continuo a sperare per mio figlio». Il papà di Julian Assange interviene a Padova in attesa della sentenza

PADOVA - «C'è il rischio di un crollo emotivo, ma Julian preparandosi per l'udienza ha ritrovato energia». Tra martedì e mercoledì della...

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PADOVA - «C'è il rischio di un crollo emotivo, ma Julian preparandosi per l'udienza ha ritrovato energia». Tra martedì e mercoledì della prossima settimana l'Alta Corte di Giustizia Britannica deciderà del futuro di Julian Assange, intanto il padre dell'ex caporedattore di Wikileaks, John Shipton, è intervenuto venerdì sera in collegamento dall'Australia in una sala degli Anziani di palazzo Moroni gremita di padovani che sostengono la liberazione del giornalista. Julian Assange è dal 2019 detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, soprannominato "la Guantanamo inglese" in riferimento al campo di prigionia americano che il mondo ha conosciuto dopo che Assange ne svelò gli arcani nel 2010, pubblicando i file del governo americano assieme ai documenti sulle guerre in Afghanistan e in Iraq. Se l'appello dei legali difensori verrà respinto dalla Corte, Assange dovrà scontare 175 anni di reclusione negli Stati Uniti, dove deve rispondere di numerose accuse in base a una legge sullo spionaggio del 1917.

LA SPERANZA

«Dopo 15 anni di vicende giudiziarie non possiamo che avere fede, ma le speranze sono poche - ha aggiunto il padre John Shipton -, sento Julian ogni giorno una decina di minuti, ultimamente è determinato nel preparare l'udienza, ma non è facile trovare la serenità». Donatella Mardollo, di Free Assange Italia, ha spiegato che ridurre Assange ad una spia mette in pericolo la libertà d'informazione di tutti i cittadini: «Se i cittadini non hanno modo di essere informati, non sono in grado di fare le proprie scelte». Al giornalista australiano, se la pronuncia dell'Alta Corte Britannica dovesse essere sfavorevole, «non rimarrà che ricorrere alla Corte europea per i Diritti dell'uomo», come confermato da Shipton, perché il "Caso Assange" riguarda i diritti di tutti, padovani compresi. «Padova è una città di pace che si sta interrogando da decenni sui diritti umani violati - ha affermato Francesca Benciolini, assessora alla Pace e ai Diritti umani -, l'impegno dell'amministrazione è di tenere alta l'attenzione perché i diritti umani riguardano tutti noi, ci coinvolgono e ci rendono corresponsabili». L'impegno della città ha trovato l'appoggio di Beppe Giulietti, coordinatore di articolo 21 ed ex presidente della Federazione nazionale stampa italiana: «Padova città dei diritti, dell'Università che fa della libertà il suo motto, potrebbe essere la prima città veneta a concedere la cittadinanza onoraria ad Assange». 

I presenti all'evento hanno osservato un minuto di silenzio per Alexei Navalny. Mentre all'esterno una decina di padovani di provenienza russa allestiva un altarino per l'attivista politico sulla panchina di palazzo Moroni. Silenzio e lacrime sono caduti sulla foto di Navalny circondata da fiori e lumini. 

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Il Gazzettino