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JESOLO- «Noi siamo stati i classici “polli da spennare”, ora mi auguro che quello che ci è capitato non accada ad altri». Le parole, pronunciate con un misto di rassegnazione e amarezza, sono quelle di una 65enne di Mestre coinvolta suo malgrado, assieme al marito, nella vicenda della Cross Lam Tower, la torre di legno che doveva sorgere alla spalle di piazza Trieste, progetto mai realizzato come quello della Greenery che doveva essere costruita dietro a piazza Drago.
Nonostante le cospicue caparre versate dagli acquirenti (nel caso della donna oltre 200 mila euro) entrambi gli interventi sono rimasti solo sulla carta. Ed è per questo che la famiglia di Mestre, assieme ad altre due acquirenti, ha presentato un'istanza di fallimento a carico della Mia Re srl, società trevigiana collegata alla realizzazione dei due progetti e ora dichiarata fallita dal tribunale di Treviso. Lo scorso gennaio la stessa era toccata alla Urban Bio srl, la società di Padova che nel novembre del 2018 al teatro “Vivaldi” aveva presentato il progetto legato alla realizzazione della torre di legno. Due le persone indagate, Fabio Bordin e Sonia Miatton, rispettivamente 55 e 57 anni, marito e moglie, residenti a Treviso, indagati per truffa nonché per autoriciclaggio in quanto il denaro versato per le caparre d'acquisto sarebbe stato prelevato dalle due società che si occupavano dell'operazione immobiliare, quindi fatto sparire.
Sullo sfondo un “buco” di circa 1,5 milioni tra caparre e acconti versati con almeno 15 persone truffate tra i due progetti.
Del resto a metà marzo la Guardia di finanza ha eseguito un sequestro preventivo di disponibilità finanziarie e beni per 730mila euro, trovando però soltanto pochi “spiccioli”. Ed è per questo che più di qualche acquirente potrebbe rinunciare ad avviare ulteriori azioni. Anche a costo di rompere il fronte dei creditori. Opposto però il pensiero di ha dato vita alla battaglia legale e ora chiede di andare fino in fondo. «I nostri soldi sono stati versati – ribadisce la donna residente a Mestre – e da qualche parte sono finiti. Con la dichiarazione di fallimento ora il curatore può avviare nuove indagini, analizzando tutti i documenti contabili e i movimenti dei conti correnti. Ci auguriamo ci possano essere nuove verifiche, mollare adesso sarebbe un errore: quando abbiamo provato a coordinarci tra i vari creditori ma non tutti la pensano come noi, c’è chi vuole dimenticare quanto successo. Noi crediamo sia opportuno, per quanto difficile, continuare su questa strada. Recuperare le nostre somme non sarà facile ma abbiamo il dovere di provarci». Oltre al tentativo di recuperare il denaro non manca un auspicio per il futuro: «Questa vicenda – conclude la donna – ci ha segnato per sempre, abbiamo perso soldi e soprattutto serenità. Noi abbiamo investito i risparmi di una vita, la liquidazione del nostro lavoro. Altre famiglie avevano fatto l’investimento per i figli. Tutto si è trasformato in un incubo. Questi appartamenti ci hanno rovinato la vita, quello che abbiamo vissuto non deve più accadere a nessuno». La vicenda è desinata anche a diventare un caso politico: il consigliere Christofer De Zotti ha rilanciato la necessità del Comune a costituirsi parte civile a fronte del danno di immagine per la città, nel 2018 l’ente aveva infatti patrocinato la presentazione della torre di legno.
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