Padova, il primario di terapia intensiva: «Da due anni in trincea, siamo al limite»

Ivo Tiberio
TREVISO - Con i dati più alti in Veneto per contagi e ricoveri, Padova si trova di nuovo a fronteggiare quello che da quasi due anni è il nemico pubblico numero uno:...

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TREVISO - Con i dati più alti in Veneto per contagi e ricoveri, Padova si trova di nuovo a fronteggiare quello che da quasi due anni è il nemico pubblico numero uno: il Covid. In prima linea ci sono sempre loro, i sanitari. E a dirigere la frangia dell'emergenza più dura ci sono i reparti di terapia intensiva dell'Azienda ospedaliera e del Sant'Antonio, diretti dal dottor Ivo Tiberio. Che proprio a gennaio 2020 assunse il ruolo di primario, trovandosi in poche settimane dritto in trincea.


Lei è in prima linea fin dai primissimi giorni della pandemia. Quale situazione si vive oggi in reparto?
«Neanche un mese dopo aver assunto l'incarico di primario in Azienda ospedaliera è esplosa l'emergenza. Posso dire di aver trovato ad accogliermi una corona di spine. Ma dico anche che non c'è soddisfazione più bella del riuscire a salvare un paziente che affronta il calvario del Covid. Oggi si conferma un lento ma crescente aumento dei ricoveri. Nella Terapia intensiva centrale su 18 posti letto 13 sono occupati da positivi. Con il 14esimo, il reparto diventerà esclusivamente dedicato ai contagiati. Per il momento c'è un frequente ricambio e questo ci ha permesso fino a oggi di non arrivare a quel punto, ma il rischio è concreto».


Rischiamo di rivivere l'incubo dello scorso inverno?
«L'evoluzione è continua. Dobbiamo tenere la guardia altissima perché sia chiaro: dalla pandemia non siamo usciti. Lo scorso anno abbiamo avuto tutte e quattro le rianimazioni piene di pazienti Covid, cosa che toglie posti per tutti gli altri pazienti che hanno bisogno di cure intensive. Ma quest'anno a fare la differenza sono i vaccini. Per il momento quindi speriamo che la situazione resti più gestibile».


Gli effetti del vaccino si notano sulla tipologia di pazienti ricoverati in Rianimazione?
«Decisamente. La maggior parte dei ricoverati in condizioni gravi sono non vaccinati tra i 40 e i 60 anni, senza patologie pregresse. I vaccinati invece sono anziani e con deficit immunitari che rendono la protezione meno lunga ed efficace. Non solo: spesso arrivano da casa e finiscono direttamente in Rianimazione vaccinati relativamente giovani, che tentano prima delle cure domiciliari e poi si aggravano all'improvviso. Ricordiamo che il vaccino non serve a non contagiasi, ma a non avere effetti gravi. Per questo è normale che in Terapia intensiva vi siano anche vaccinati ma soprattutto è fondamentale che anche i vaccinati continuino a rispettare le norme anti Covid, dal distanziamento all'uso delle mascherine.


Norme che con l'arrivo del Natale e i ritrovi in famiglia e tra amici rischiano di venir meno, come già accade ad esempio alle manifestazioni contro il Green pass. A che rischi andiamo incontro?
«L'ambiente familiare è uno dei principali veicoli di contagio e con il Natale lo sarà ancor di più. Ecco perché dovremo essere tutti estremamente cauti. Di fatto il vaccino ci ha permesso di tornare a quella che oggi è una vita sostanzialmente normale, senza più restrizioni. Per limitare i contagi bastano delle accortezze davvero piccole. Le situazioni di assembramento come quelle che vediamo a certe manifestazioni sono una miscela esplosiva: inevitabilmente si ripercuotono sull'aumento dei contagi e a cascata anche sul numero di persone che finiscono in Rianimazione».


Sottoposti da quasi due anni a una pressione straordinaria, non deve essere facile dover anche fronteggiare i ripetuti attacchi da chi nega l'esistenza e la gravità del virus.


«Per nulla. A volte pare si dia la colpa ai medici del fatto che le persone si ammalino. Purtroppo il Covid è stato un banco di prova in cui l'intera comunità scientifica ha dovuto imparare tutto passo passo e questo ha dato terreno fertile a strumentalizzazioni e mistificazioni. Invece la ricerca stata straordinaria e speriamo che presto siano messi a punto anche nuove terapie e farmaci per combattere questo nemico in modo ancor più forte». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino