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VITTORIO VENETO - Nel Medioevo il sentiero che serpeggiava sui dolci pendii tra Serravalle e Santa Croce veniva sostituito da una strada larga al massimo tre metri che consentiva a malapena l'incrocio dei carri trainati da cavalli. Nell'Ottocento quella che era chiamata Via Regia lasciava il posto ad una carreggiata assai più moderna, con curve e salite concepite da alta ingegneria, la Statale Alemagna che tutti conosciamo. Poi, allo scadere del secondo millennio, il colpo di grazia, quei piloni dell'A27 allineati a semicerchio come severi corazzieri di cemento intenti a gettare l'ombra dell'abbandono sulla valle. Ma il Fadalto mantiene ancor'oggi il suo fascino, sebbene non più conveniente per i frettolosi turisti diretti al mare o in montagna. Borghi deserti, chiese abbandonate, locande e osterie con le insegne cancellate dal tempo, tutto ci parla di un passato straordinario fatto di secolari viavai di mercanti, eserciti e viaggiatori in uno dei valichi più importanti del Veneto. Basta sfogliare qualche vecchia cartolina per capire quanto fosse viva questa valle fino a pochi decenni fa.
PASSAGGIO ANTICHISSIMO
Di tutti i valichi prealpini, quello del Fadalto è sicuramente il più agevole perché posto ad una quota minore. Di qui passarono i popoli paleoveneti che, provenendo dalla pianura trevigiana, colonizzarono il Bellunese ed il Cadore. In epoca romana, sicuramente doveva esistere già una sorta di mulattiera, parte di una via di collegamento che univa la laguna al centro Europa. Nel Medioevo diventò una rotta internazionale sempre più importante, parte di una lunga direttrice che da San Vendemiano si spingeva fino al confine con l'Austria. Conseguentemente sorsero lungo il percorso chiese, mude, opifici e numerose fortificazioni, come la torre di San Floriano, la Casamatta, il Castello di Lavazzo, la torre della Gardona e quella di Botestagno, quest'ultima ai confini con la contea del Tirolo. La via viene documentata soltanto a partire dal 1228 grazie alla sentenza Spinabello che sancì le divisioni tra Ceneda e Serravalle e in tale periodo era la Strada del Canal. Permetteva di raggiungere le terre imperiali, collegando tra loro importanti capoluoghi, per questo a partire dal Quattrocento verrà chiamata Via Regia, come descritto nel diario di viaggio del pellegrino tedesco Felix Schmidt, ma anche Alemagna, perché consentiva di raggiungere la Germania.
L'EPOCA MODERNA
A fine dominazione veneziana, si sentì la necessità di ammodernare la Via Regia di Alemagna e nel 1786 fu presentato un primo progetto dal cadorino Michiel Genova, a cui seguì quello dell'ingegnere Mantovani, deliberato nel 1806.
IL TRACCIATO
Oggi è possibile ripercorrere a piedi o in bicicletta alcune porzioni della Strada Regia di Alemagna. Nel Medioevo, la Via Regia era ben diversa da come la vediamo oggi. Oltre ad essere soggetta a continui danneggiamenti, era assai più tortuosa ed alquanto stretta, soltanto tre metri nei punti di massima ampiezza. Il viaggio era molto lungo ed avventuroso: si pensi che tra Venezia e Augusta servivano quattro mesi. Da Conegliano la strada si incuneava nella città fortificata di Serravalle, roccaforte dei Da Camino, per poi entrare nella valle del Fadalto. Si dirigeva verso la Sega dove sorgevano un mulino e un maglio. Qui, secondo la tradizione, nel Cinquecento si recava in villeggiatura il celebre poeta Marcantonio Flaminio. Aggirava la Piera Pescadora per poi entrare a Forcal, dove esisteva un laghetto, scomparso il 16 ottobre 1521 a causa di una disastrosa frana. Affiancava il lato occidentale del lago di Negrisiola, a quel tempo detto di S. Andrea o di Piaia quindi, dopo aver oltrepassato la vecchia cartiera Mocenigo con annesso oratorio di S. Valentino (sec. XVII), scavalcava la profonda forra del rio Battirame sopra la quale si erge l'antichissima chiesa di San Floriano documentata nel 962. Poco più avanti, passava nei pressi della Thurim Canali, oggi Torre di S. Floriano, citata nel 1442.
IL RESTELLO
Dopo aver lambito il lago del Restello, giungeva all'antica chiesa di San Biagio di Borgo Botteon, scomparsa nel Cinquecento. Poco distante sorgeva un restello di sanità (da cui il nome del lago), che controllava gli appestati. Dopo il laghetto del Lagusel, si inerpicava sulla cosiddetta Calada dove funzionavano alcuni mulini per poi entrare a Borgo Piccin di Nove dove nel Settecento vi era la chiesetta di San Domenico, di cui ci resta una antica croce in pietra dedicata al ricco viaggiatore tedesco Conrad Vunger. L'importante reperto è custodito nel museo del Cenedese a Serravalle. Il lago Morto veniva percorso sul lato occidentale dove si staccava una diramazione per le Caloniche (così dette perché di proprietà dei canonici di Ceneda). Questa arteria rappresentava una variante che si riuniva alla Strada Regia nei pressi di Sella di Fadalto. La via principale proseguiva lungo il lago per giungere a Pié di Fadalto, luogo soggetto a continui smottamenti (nel 1825 un'alluvione cancellò la curazia di SS. Ermagora e Fortunato). Nel borgo sorgeva un'osteria, chiusa a metà del secolo scorso, che aveva l'obbligo di traghetto verso Borgo Piccin in caso di interruzione della strada. Per affrontare l'ultimo strappo della Riva di Fadalto, la strada si ramificava in diverse varianti a seconda del tipo di traffico: umano, a soma, a traino. Da Sella di Fadalto, la Strada Regia prendeva la direzione del Cadore e poi verso le terre di lingua tedesca, amalgamandosi nell'intreccio delle vie europee. Quanta storia è scorsa in questa grande valle, quante vicende vissute nella strada degli imperatori, e intanto su quel cippo isolato al margine della strada, tra i prati ingialliti di Gai di San Vendemiano, l'incisione scolpita nella pietra invano lancia un messaggio: «Origine della SS 51 Alemagna».
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