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VENEZIA - Istigazione a odio razziale su Facebook, cinque condanne a Catania. La notizia è tutta nel lancio di agenzia, d’interesse a Nordest perché fra gli imputati figurano anche una 79enne veneta e un 57enne friulano, ma dietro c’è molto altro da raccontare: una vicenda emblematica di questi tempi social, in cui la piazza virtuale viene spesso scambiata per una prateria verbale da Far west, dov’è ammesso ogni colpo. Invece non è proprio così, anzi forse è utile ricordare che la propaganda di idee e l’incitamento ad atti fondati sulla discriminazione per motivi etnici o religiosi sono reati puniti dal codice penale, anche quando vengono commessi dall’insospettabile nonnina chioggiotta che solitamente pubblica foto di fiori e nipoti, o dal fumantino imprenditore carnico che continua a spargere insulti malgrado la sentenza: in questa storia l’unico a scamparla è stato un politico, protetto dallo scudo dell’immunità parlamentare.
IL VIDEO
Pensare che era stato proprio il senatore Stefano Candiani a postare la diretta Facebook, registrata insieme all’assessore comunale Fabio Cantarella nel quartiere di San Berillo a Catania, semideserto nella notte del 6 luglio 2018. Nel filmato i due esponenti della Lega parlavano «degli extracomunitari presenti (in realtà c’è n’era solo uno, ndr.) come di “marmaglia” dedita “a tutti i tipi di criminalità”, “contraffazione, prostituzione” e “spaccio”, ponendo quindi in relazione la presenza di persone di etnia e nazionalità africana e comunque diversa da quella italiana con la sussistenza di una situazione di pericolo per l’incolumità dei cittadini e con la commissione di crimini in assenza di dati oggettivi», per citare l’ipotesi inizialmente formulata dalla Procura, dopo la denuncia dell’associazione per la legalità “Rita Atria” assistita dall’avvocato Goffredo D’Antona.
GLI UTENTI
Così come, nel frattempo, è proseguito il processo a carico di 14 utenti identificati, su un totale di 19 segnalati, per il tenore discriminatorio dei commenti, postati sotto il video e riferiti agli immigrati: «Via via buttarli al mare da dove sono venuti», «È bello l’odore del napalm la mattina», «Ci vuole il lanciafiamme», «Riempitela di taniche di benzina e fare pulizia», «Metterli nei forni» e simili. Per i cinque che hanno scelto il rito abbreviato, la sentenza di primo grado (e come tale appellabile) è stata emessa lunedì dalla giudice Dora Anastasi. La pena più alta è stata comminata al 57enne, originario di Tolmezzo e residente a Paularo, che aveva suggerito di mandare gli stranieri «alle docceeeee»: 2.000 euro. Sono state invece concesse le attenuanti generiche alla 79enne, che vive tra Chioggia e Milano, la quale attraverso uno dei suoi due profili Facebook aveva proposto di dare «fuoco… bruciare tutto»: 667 euro con la sospensione condizionale della pena, purché la signora versi 1 euro alla parte civile costituita dall’associazione “Rita Atria”. Al risarcimento simbolico sono comunque stati condannati tutti gli imputati, per i quali è stato anche disposto il divieto nei prossimi tre anni «di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale per le elezioni politiche o amministrative». Bisognerà dirlo all’imprenditore friulano, che in vista delle Europee posta pressoché quotidianamente contumelie contro Matteo Salvini e Giorgia Meloni, mentre la nonnina veneta appare sempre irreprensibile tra le immagini di girasoli e parenti.
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Il Gazzettino