«Ultimo treno per Iras» lavoratori in piazza sotto l'albero per salvare la casa di riposo

L'intervento del sindacalista Davide Benazzo durate la protesta dei lavoratori in piazza a Rovigo
ROVIGO - Quasi un centinaio, fra lavoratori e rappresentanti sindacali, davanti a Palazzo Nodari, ai piedi del grande albero di Natale. Ma dello spirito natalizio, nella...

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ROVIGO - Quasi un centinaio, fra lavoratori e rappresentanti sindacali, davanti a Palazzo Nodari, ai piedi del grande albero di Natale. Ma dello spirito natalizio, nella manifestazione chiamata “Ultimo treno per Iras”, c’era ben poco. Perché la prospettiva della messa in liquidazione dell’Iras sembra avvicinarsi minacciosa. Al tavolo in Prefettura del 16 dicembre il commissario Tiziana Stella l’ha ribadito senza tanti giri di parole, l’ente non ha più liquidità e l’atteso intervento economico del Comune ancora non c’è stato. Né ancora è stata redatta una delibera che lo metta nero su bianco. Né, secondo quanto trapela, pur nel silenzio del sindaco Edoardo Gaffeo, la delibera che i consiglieri comunali saranno chiamati a votare l’antivigilia di Capodanno, ancora a loro ignota, conterrà uno stanziamento di denaro a favore dell’Iras. Una strada che pare preclusa dalle perizie, anche quelle, di fatto, rimaste secretate, nonché dal parere degli uffici comunali.

LA RABBIA
Una strada, però, che sembrava essere stata concordata nel precedente incontro in Prefettura, il 28 ottobre. Tecnicismi difficili da spiegare. Soprattutto rimanendo in silenzio. E così i lavoratori con bandiere, fischietti, campanelli e campanacci, cartelloni con varianti sul tema “Salvare l’Iras è la priorità, si versino i 3,2 milioni promessi”, e un grande striscione “Difendiamo l’Iras pubblico, i posti di lavoro, la qualità del servizio agli ospiti”, hanno fatto sentire la propria rabbia. Che si è indirizzata prevalentemente verso gli “inquilini” di Palazzo Nodari. Assenti. «Il Comune chiuso e con le luci spente - ha sottolineato Davide Benazzo della Fp Cgil - è un chiaro segnale. Come lo è l’assenza in piazza, fra i lavoratori, di amministratori e rappresentanti politici. È un chiaro segnale di mancanza di responsabilità. Ma non possono far finta di nulla».

«Mi viene da vomitare - ha detto senza tanti mezzi termini una lavoratrice - siamo stufi di questa situazione che va avanti non da un giorno, non da un mese, non da un anno, ma da anni. E nessuno ci ascolta. Farei venire loro a lavorare in area Covid con le tute che fanno sudare». Stessi toni da parte di un’altra lavoratrice: «È una vergogna», ha detto prima che l’emozione e la rabbia le strozzassero la voce. «Siamo a un punto di non ritorno - ha detto un’altra dipendente Iras - solo la politica può e deve risolvere la questione. Regione e Comune ci hanno abbandonato, noi lavoratori e gli ospiti. Non è possibile che vengano buttati nel gabinetto 500 anni di un’istituzione come l’Iras».

Per Franco Maisto della Fp Cisl, «i rappresentanti di questa città non hanno capito che se chiude l’Iras, si apre un buco enorme per tutta la comunità. Se fossero venuti, avrebbero potuto spiegare le proprie posizioni e ascoltare i lavoratori. Come sindacati ci siamo e ci saremo, e cercheremo di capire cosa succederà e come fare tutto il possibile per scongiurare la messa in liquidazione di una realtà storica con ripercussioni per le tante famiglie dei lavoratori e degli ospiti». La segretaria territoriale della Cisl Stefania Botton ha chiesto che «la politica prenda la giusta decisione e utilizzi le risorse accantonate in bilancio nel momento del bisogno».

LE RICHIESTE
Il segretario della Uil Fpl Cristiano Pavarin ha invitato alla trasparenza. «Se c’è una disquisizione sull’ammontare dei lavori eseguiti su Casa Serena, le parti lo dicano. È inutile andare avanti con giochetti di palazzo, bisogna essere chiari e trasparenti. L’unico modo per salvare Iras è dare liquidità. Altrimenti verranno meno non solo l’Iras e i suoi servizi, ma anche le opportunità che si potevano costruire. E bisogna essere chiari anche nel chiedere: la Regione dove è stata in questi anni e dov’è oggi?».

«Sei anni e mezzo fa - ha rimarcato Benazzo - si sono accorti che il debito dell’Iras era insostenibile ed è stato commissariato dalla Regione. Sono state fatte tante ipotesi, nessuna è andata in porto. Ora siamo arrivati alla chiusura della convenzione e alla chiusura di Casa Serena per salvare il salvabile. Ma la questione viene affrontata come una patata bollente. E molti consiglieri non hanno capito cosa si rischia. Nessuno può chiamarsi fuori e non assumersi le proprie responsabilità: chi pensa di farlo, sta prendendo la decisione di far morire l’Iras».
 

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Il Gazzettino