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ROVIGO Se l’Iras piange, le altre strutture non ridono. Tutte le Rsa pubbliche polesane, chi più chi meno, da Adria a Badia, sono in sofferenza economica e proprio per questo direttori, presidenti e consiglieri delegati si sono incontrati per cercare una strada comune per affrontare la situazione. E per cercare di coordinare gli inevitabili aumenti delle rette per far fronte all’impennata delle spese energetiche che si innesta su un quadro che già mostrava segnali di crisi prima del Covid.
LA DISCUSSIONE
A coordinare il gruppo di lavoro delle Rsa polesane è, da un paio di anni, il direttore dell’Iras Giovanni Luca Avanzi, che sottolinea come la riunione «si inserisca nel percorso avviato da tempo con incontri periodici. La novità di questi ultimi giorni è stata quella sgradita del fatto che l’ipotizzata introduzione dell’addizionale Irpef da parte della Regione per finanziare il sistema sociosanitario non c’è stata, anche perché lo stesso presidente Zaia ha chiarito che per dare un contributo di 5 euro giornaliero per le rette delle Rsa sarebbero serviti 120 milioni, mentre con l’addizionale ne sarebbero entrati solo 60, quindi sono state scelte altre strade. In particolare la riduzione per le Rsa dell’Irap al 3,9%, che tradotto in termini di rette significa un paio di euro. Il problema è che il sistema delle case riposo pubbliche in Polesine ha perso 3,8 milioni due anni: rapportato ai nostri ospiti vorrebbe dire fra aumenti fra i 12 e i 15 euro al giorno. Ovviamente neanche un pazzo può pensare a simili aumenti, quindi la linea comune è di fare aumenti più limitati, fra i 4 e i 6 euro in modo coordinato, per evitare una sorta di dumping fra strutture e di trovarsi a farsi concorrenza fra poveri, fra strutture pubbliche con posti limitati producendo dannose disuguaglianze. Nella riunione è emerso che tutti sono orientati verso questa scelta, ma va spiegato bene, perché si tratta soprattutto di aumento dovuti ai maggiori costi energetici».
Avanzi evidenzia che «come Iras abbiamo dovuto far fronte a un aumento di circa 800mila euro delle utenze. C’è legittima preoccupazione e l’idea è di cercare soluzioni strutturali per far fronte a questi problemi evitando di scaricare tutto sulle spalle dei cittadini. E la soluzione, inevitabile, è quella delle aggregazioni».
STRADA OBBLIGATA
Una soluzione della quale ormai si parla da tempo, ma che diventa sempre più improcrastinabile. «Se non si interviene in questo senso - spiega Avanzi - il rischio è che nel giro di meno di un anno ci siano situazioni di default tecnico.
Il Gazzettino