Intervento sbagliato su una casalinga: Uls condannata a risarcire 260mila euro

L'ospedale di san Donà
SAN DONÀ/NOVENTA  - L'Ulss 4 Veneto Orientale è stata condannata dal tribunale civile di Venezia a risarcire con 261.284,82 euro una sessantaquattrenne...

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SAN DONÀ/NOVENTA  - L'Ulss 4 Veneto Orientale è stata condannata dal tribunale civile di Venezia a risarcire con 261.284,82 euro una sessantaquattrenne casalinga di Noventa di Piave, P.B., che nell'ottobre 2010 era stata operata all'ospedale di San Donà di Piave per un prolasso utero-vescicale. E da quell'intervento - considerato di routine - ne era uscita con un'emorragia intra-operatoria dovuta a lesione dell'arteria sacrale; perforazione intra-operatoria dell'intestino cieco con conseguente peritonite e paresi intra-operatoria del nervo sciatico popliteo interno ed esterno della gamba sinistra.

Era iniziato così un vero e proprio calvario per la paziente costretta a ripetuti ricoveri d'urgenza fino al maggio 2011. Dopo avere conseguito un parere specialistico che confermava l'inadeguato percorso diagnostico-terapeutico intrapreso dai sanitari dell'ospedale di San Donà di Piave, P.B. - tramite l'avvocato Giorgio Caldera del foro di Venezia - si rivolgeva alla magistratura chiedendo di nominare un medico-legale per valutare quanto accaduto e trovare, eventualmente, un accordo stragiudiziale. 
Strada che però non ha avuto sbocchi costringendo la donna a citare in giudizio l'azienda Ulss 4 Veneto Orientale davanti al Tribunale di Venezia con l'obiettivo di ottenere il dovuto risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti a causa dei gravi errori commessi dal personale sanitario dell'ospedale di San Donà di Piave. Nei giorni scorsi è stata depositata la sentenza con cui il giudice Alessandro Cabianca - a conclusione del processo - riconosciuta la responsabilità della struttura sanitaria, ha accordato alla danneggiata 261.284,82 euro come risarcimento, a cui poi aggiungere il rimborso delle spese legali e di consulenza tecnica.
Il Tribunale, accogliendo la richiesta avanzata dall'avvocato della donna, ha anche aumentato del 40 per cento l'importo liquidato a titolo di ristoro del danno biologico «per il grado elevato di sofferenza subito» onde garantire alla sessantaquattrenne la necessaria personalizzazione in considerazione della particolare sofferenza patita per i ripetuti ricoveri ospedalieri e i molteplici interventi chirurgici. 

Un «danno biologico temporaneo e permanente», scrive il giudice in sentenza, oltre all'inestetismo cicatriziale addominale conseguenti agli interventi stessi.

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Il Gazzettino