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Oscurato “Teseo e il Minotauro”. Laconico il commento della Gipsoteca: «Problemi di ordinaria censura. Ancora». Non sono servite a nulla le polemiche, le azioni, le proteste: il museo dedicato ad Antonio Canova è ancora sotto tiro. Stavolta la censura arriva da Instagram. Dopo che, due anni fa, vennero bloccate pubblicazioni di gessi e statue, dopo le polemiche e una sorta di class action con altri musei. Niente da fare: l’algoritmo pudico colpisce ancora.
IL BLOCCO
Il blocco dell’immagine di Teseo è solo la punta dell’iceberg: in realtà promozione di eventi, immagini e post informativi spesso vengono congelati perchè considerati dal social lesivi della morale. «A quanto pare -spiega il Museo- l’argomento è ancora molto interessante e ovviamente dibattuto. Ormai conviviamo con questa illogica algoritmica già da un po’. Ogni tanto compaiono segnalazioni, spesso non possiamo promuovere eventi o prodotti. Una cosa è certa: non perdoniamo e non dimentichiamo». La direttrice Moira Mascotto entra più nel dettaglio. «La censura è affidata all’intelligenza artificiale che non distingue il porno dal nudo artistico: questo è un impedimento per il nostro museo e per valorizzare il patrimonio e l’opera di Canova». Due anni fa scoppiò il bubbone: dopo la censura al bacio di Rodin nella mostra di Marco Goldin toccò al celebre museo di Possagno subire un’azione sistematica di oscuramento. E così il museo decise di scoperchiare il vaso di Pandora: oggi molte istituzioni culturali propongono una class action dei musei italiani contro Facebook.
LA CAMPAGNA
Ma ad oggi l’algoritmo sembra ancora agire indisturbato nonostante il Museo si fosse deciso a lanciare una campagna provocatoria, condivisa proprio tramite social, per sensibilizzare il pubblico sul tema del nudo d’arte oscurato dai social. Il motivo? La Fondazione Canova di Possagno patisce più di altri il disservizio dei social: la galleria dei gessi canoviani include per la quasi interezza dei nudi. Da ieri dunque punto e a capo: oscurata l’immagine e disattivate le interazioni. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino