Falde inquinate, il commento dell'esperto: «Certi pesticidi li troveremo per 100 anni»

Falde inquinate, l'esperto: «Certi pesticidi li troveremo per 100 anni. In profondità acque già compromesse»
La conferma, purtroppo, è arrivata solo qualche giorno fa in provincia di Pordenone. È arrivata sotto forma di dati, elaborati dagli esperti dell'Azienda...

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La conferma, purtroppo, è arrivata solo qualche giorno fa in provincia di Pordenone. È arrivata sotto forma di dati, elaborati dagli esperti dell'Azienda sanitaria del Friuli Occidentale e riguarda lo stato di salute delle fontane e dei lavatori del capoluogo provinciale. Solamente nove erogano acqua potabile, la netta minoranza. In quel caso la responsabile è l'atrazina, o meglio un suo metabolita chiamato Dact. Cambia poco, perché banalmente si tratta di fitofarmaci usati tempo fa in agricoltura.


Ma per quanto troveremo queste sostanze nel sottosuolo? Se ne andranno e torneremo a poter "pescare" acqua sana e pulita? L'analisi dello stato dell'arte arriva dal Dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria del Friuli Occidentale e precisamente dal dottor Lucio Bomben che lo dirige. «Purtroppo - spiega l'esperto, in prima linea contro il Covid e ora tornato ad occuparsi a tempo pieno della prevenzione a 360 gradi - queste sostanze le continueremo a trovare anche per 100 anni. Non ce ne libereremo così facilmente». Bomben riavvolge il nastro e torna a 30 anni fa. «L'uso dell'atrazina in campo agricolo - ricorda - è stato ufficialmente abolito ormai nel lontano 1992 e pensate, continuiamo a trovare ancora i metaboliti di quella sostanza nelle nostre falde. Nei campionamenti che facciamo al giorno d'oggi. Per questo dico che probabilmente anche tra un secolo andremo a rintracciare la stessa minaccia che troviamo oggi».


I LIVELLI
Il problema, in Friuli Venezia Giulia, è che ormai per trovare tracce di sostanze nocive come l'atrazina non si deve rimanere così vicini alla superficie come un tempo. Nel corso dei decenni la sostanza ha "lavorato", scendendo più in profondità e contaminando anche falde molto meno superficiali.


«A trenta-quaranta metri di profondità - spiega ancora l'esperto Lucio Bomben - le nostre falde sono ormai tutte inquinate. E a rischio ci sono anche i pozzi artesiani privati, quelli cioè che servono in gran parte della nostra regione le abitazioni private». Meno rischi, invece, per quanto riguarda gli acquedotti pubblici, che pescano a una profondità spesso maggiore di 150 metri oppure che sono serviti con filtri al carbone in grado di catturare anche l'atrazina, che va ricordato è una sostanza riconosciuta dall'Oms come cancerogena. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino