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Il rischio, sempre più concreto, è che ad occuparsi finanziariamente di decine di migliaia di anziani residenti in Friuli Venezia Giulia debbano essere i figli. In ogni caso i parenti. Perché di questo passo le persone di una certa età che non possono godere di un assegno pensionistico corposo non ce la faranno più. Anche quest’anno, infatti, i rincari su scala regionale andranno a colpire proprio la fetta di popolazione più anziana e con meno disponibilità economiche: dalla badante alla spesa settimanale, fino alla casa di riposo per chi ne usufruisce. Si parla di una “batosta” di circa 2-3mila euro l’anno a seconda dei casi. E gli aiuti pubblici, uniti alla rivalutazione delle pensioni minime pari a circa il 5 per cento, non riescono a coprire questo divario.
I SERVIZI
Si parte dall’assistenza. I criteri anche in questo caso rispondono alla spinta inflazionistica. Sebbene nella seconda parte del 2023 l’inflazione su base regionale sia calata aggirandosi attorno al 5 per cento, gli aumenti sono scattati per quasi tutti i servizi dedicati agli anziani. L’esempio che calza maggiormente è quello delle badanti. Anche quest’anno, infatti, la collaboratrice domestica convivente per persone autosufficienti dovrà essere pagata con una maggiorazione.
PRIMA NECESSITÀ
Un’altra “botta” per gli anziani deriva dal nuovo balzo dell’inflazione. Dal latte al pane, tutto costa nuovamente di più. Sia a Pordenone che a Udine, infatti, la corsa è ripartita, con l’inflazione che sfiora il 6 per cento per i generi di prima necessità. Si parla di un aggravio annuo superiore ai mille euro. Ed ecco che il totale raggiunge almeno i duemila euro in più rispetto agli anni passati. Secondo le ultime rilevazioni dell’Inps, elaborate dall’Ires, in Friuli Venezia Giulia vivono 354.515 pensionati. Una quota decisamente rilevante, in una regione che conta meno di 1,2 milioni di abitanti. «Sono quotidiani i racconti degli anziani che non ce la fanno più: i pensionati hanno perso in dieci anni il 30% del potere d’acquisto e, di questa percentuale, 20 punti se ne sono andati negli ultimi due anni. A fronte di una tale situazione, il governo non mette mano alla rivalutazione delle pensioni e i contributi pubblici per sostenere le condizioni di non autosufficienza sono rimasti invariati, nonostante l’impennata dell’inflazione. Una situazione serissima, per la quale non vediamo una svolta», aveva detto non molto tempo fa il segretario dello Spi Cgil, Roberto Treu. Uno scenario che sta diventando sempre più reale a fronte dell’ennesima pioggia di rincari ai danni degli anziani. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino