Case di riposo ancora in balia del Covid e senza infermieri: «Al lavoro anche se positivi»

Case di riposo senza infermieri
BELLUNO - Continuare a far lavorare infermieri e operatori socio sanitari positivi al covid, purché asintomatici. Dopo due anni di pandemia e 3 (nel caso degli anziani...

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BELLUNO - Continuare a far lavorare infermieri e operatori socio sanitari positivi al covid, purché asintomatici. Dopo due anni di pandemia e 3 (nel caso degli anziani 4) dosi di vaccino, torna in auge una delle questioni più discusse durante la pandemia. L'occasione viene fornita dalla situazione in cui si trovano alcune case di riposo, costrette di nuovo a isolare anziani, a chiudere interi nuclei e a trovarsi con l'acqua alla gola nella gestione dell'emergenza. «Se qualcuno lo proponesse oggi - spiega l'amministratore unico di Sersa Paolo Santesso - sarebbe una sperimentazione interessante che mi troverebbe d'accordo». Il numero di positivi è tornato a crescere e sebbene la malattia non sia più quella di una volta la maggior parte delle persone che contraggono il virus non ha sintomi e se li ha sono spesso leggeri le norme in materia di isolamento e quarantena sono rimaste le stesse. Questo si traduce in una sofferenza delle strutture sanitarie e delle case di riposo, già in forte difficoltà a causa della mancanza di personale. Come risolvere il problema? Sarebbe possibile continuare a far curare gli anziani da dipendenti positivi? «Penso che siamo quasi costretti a pensarci soprattutto nei reparti covid riflette Santesso ovviamente con l'utilizzo di tutte le precauzioni necessarie. Se ci dicessero di provare questa sperimentazione, tenendo in stretto monitoraggio ciò che avviene a livello clinico, che potrebbe essere come non essere peggiorativo, direi di sì».

LA SITUAZIONE
Nella casa di riposo di Cavarzano tre nuclei sono stati interessati dal contagio, per un totale di 25 anziani e 8 dipendenti. «Le loro condizioni di salute non destano particolare attenzione - chiarisce l'amministratore di Sersa - A entrare in crisi, semmai, è il meccanismo di funzionamento della struttura. Otto persone che rimangono a casa determinano una complicazione nello svolgimento del lavoro». Di conseguenza sono state sospese le visite dei familiari. Una precauzione dettata non tanto dalle conseguenze cliniche del contagio, quanto dal fatto che «se dovesse crescere il numero di operatori positivi, ci sarebbero difficoltà serie nel garantire il funzionamento dei servizi». È un rischio che la struttura non può permettersi. I posti letto per ora rimangono stabili ma sono già drammaticamente bassi (119 su un totale di 155). L'ipotesi di far lavorare i dipendenti positivi e asintomatici potrebbe quindi venire in aiuto delle case di riposo. «Potremmo partire dai nuclei in cui ci sono anziani positivi continua Santesso e se le cose dovessero rimanere sotto controllo, potremmo fare anche qualche passo in più».

APPROCCIO CINESE


In altre parole, permettere ai dipendenti positivi di lavorare anche nei nuclei covid free (con tutte le precauzioni del caso): «Nelle case di riposo c'è ancora un approccio cinese. Se arriva una colomba da mangiare, finisce in una stanza in cui viene sterilizzata. Eppure abbiamo questa situazione nonostante i tanti accorgimenti». Le case di riposo si trovano in balia di due forze opposte. Da una parte le indicazioni del governo: se scoppia un focolaio è necessario bloccare tutto. Dall'altra la pressione di associazioni e familiari che vorrebbero approcci più morbidi in grado di avvicinarli ai loro anziani. «Bisogna trovare un accordo taglia corto l'amministratore di Sersa Questo modo di vedere le cose in bianco e nero forse non corrisponde alla complessità con cui il contagio si diffonde. Ci vorrebbero più flessibilità e buon senso. Un anno fa, quando il covid entrava in struttura, la gente moriva. Ora no». Con anziani protetti ormai da quattro dosi, che si positivizzano ma non si ammalano, la risposta da mettere in campo secondo Santesso deve essere diversa: «La presenza di un positivo all'interno di un gruppo conclude fa scattare un tracciamento importante. Si rilevano positività che altrimenti sfuggirebbero perché asintomatiche. La domanda è questa: una gestione legata più ai sintomi che alle campagne di tamponi a tappeto permetterebbe di avere maggiori risorse disponibili o causerebbe solo un dilagare del virus senza controllo?».
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Il Gazzettino