Infermiera di Treviso uccisa dal compagno in Spagna. Gli ultimi messaggi alle ex colleghe: «Lui non voleva che lei tornasse in Italia»

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TREVISO - «Tra lunedì e martedì della settimana scorsa Nicoleta aveva mandato diversi messaggi via WhatsApp a molti di noi. Adesso pensiamo che forse aveva l’intenzione di iniziare a dirci qualcosa. Magari proprio che voleva tornare qui. Purtroppo, però, non lo sapremo mai». A rivelarlo sono gli ex colleghi di Nicoleta Buliga Lupo al San Camillo. L’infermiera 51enne aveva lavorato per quasi vent’anni nell’ospedale privato convenzionato di Treviso: dal 2004 fino allo scorso 29 giugno. Di seguito si era trasferita in Spagna, a Castellon de la Plana, regione di Valencia, per stare accanto al suo nuovo compagno, Ioan Corbaceri, 54 anni, anche lui di origine rumena. Un sogno che in meno di tre mesi è brutalmente finito nel sangue: nella notte tra giovedì e venerdì Ioan l’ha uccisa a pugnalate, e subito dopo si è tolto la vita. 

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LE CONFIDENZE
Dai messaggi che Nicoleta ha inviato agli ex colleghi all’inizio della settimana scorsa non sembravano trasparire particolari inquietudini. Ma di certo era forte la voglia di parlare con gli amici più vicini. «Ho lavorato molto questo mese. Sono un po’ stanca. Per il resto bene – ha scritto nell’ultimo messaggio – questa settimana lavoro di pomeriggio, incluso il sabato. Un giorno ti chiamo. Un bacione grande». L’ultimo accesso a WhatsApp risale a giovedì pomeriggio. Poi il terribile silenzio. «Temiamo che la furia possa essersi scatenata perché ha detto al suo compagno che voleva tornare – è una delle ipotesi avanzate dagli ex colleghi – Nicoleta non faceva cose a caso. Per questo ci sembra strano che non si fosse accorta che il suo nuovo compagno era violento. A volte era venuto qui a prenderla. Ma non era mai emerso niente di particolare. Quello che è successo è incredibile. Speriamo che almeno non abbia sofferto. E’ rimasta l’unica speranza». 


L’OSPEDALE
Sabato il figlio di Nicoleta, Emanuel Dacian Lupo, 26 anni, nato da una precedente relazione, è volato in Spagna assieme al padre. Mentre il San Camillo è sprofondato nel dolore: «La direzione dell’ospedale, la comunità delle Figlie di San Camillo e tutto lo staff operante soprattutto nel blocco operatorio, dove Nicoleta ha prestato servizio fino al 29 giugno, desiderano esprimere ai familiari, ai colleghi e agli amici il profondo cordoglio per quanto accaduto». I vertici dell’ospedale stanno valutando la possibilità di celebrare una messa in ricordo dell’infermiera che ha lavorato lì per vent’anni. E non si escludono altre iniziative da parte degli ex colleghi sulla scia del momento di raccoglimento e del lutto proclamato dal Comune di Almassora, a una decina di chilometri da Castellon, dove sorge la casa di riposo municipale Vicente Vilar Morellá nella quale Nicoleta aveva iniziato a lavorare. 


L’ORDINE


Anche l’Ordine delle professioni infermieristiche di Treviso esprime il proprio cordoglio. Poco più di un mese fa Nicoleta aveva rinnovato la sua iscrizione, pagando la relativa quota. Un altro segno della volontà di tenersi la porta del ritorno aperta. «L’Ordine è addolorato per la tragica perdita della nostra cara collega, Nicoleta Lupo, vittima di femminicidio – è il messaggio – ci stringiamo al dolore della sua famiglia in questo momento difficile». Al San Camillo, in particolare, la conoscevano tutti. Qui aveva lavorato prima in medicina e poi in sala operatoria, come strumentista. Accanto a lei nel settore operatorio c’era anche Jolanta Drevec: «Abbiamo lavorato insieme. Eravamo colleghe e amiche. Ci vedevamo anche fuori. Era una persona buona che piaceva a tutti, sia ai colleghi che ai pazienti. Aveva deciso di trasferirsi dal nuovo compagno. Era molto innamorata. Si era preparata bene, anche studiando lo spagnolo, e poi era partita – ricorda – un cambio di vita studiato nei minimi particolari. Non parlava tanto del compagno: ci diceva che andavano in spiaggia dopo il lavoro. Ma era una donna sicura del cambiamento che stava per fare».

 

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Il Gazzettino