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VENEZIA Quando hanno abbandonato l'ospedale, alcuni dopo settimane, altri addirittura dopo mesi, si sono sentiti chiamare in molti modi: eroi, reduci, miracolati. La definizione forse meno enfatica, ma decisamente più scientifica, è negativizzati. Chi, cioè, dopo aver passato tante notti su un lettino e attaccato a un respiratore, è finalmente riuscito a superare la furia del covid. La domanda se la saranno fatta in tanti: come stanno oggi? Sicuramente bene, considerando quello che hanno rischiato. Il passaggio del virus, però, ha lasciato il segno: una guerra è sempre una guerra, e anche in caso di vittoria spesso c'è un prezzo da pagare. Molti di loro oggi soffrono di paralisi della lingua, sindrome di Gulliain-Barré (una neurite centrale), compromissione respiratoria a lungo termine, insonnia, risveglio notturno improvviso, affaticabilità e ipossemia prolungata. L'Ulss 3 Serenissima veneziana ha allestito, al quarto piano dell'ospedale di Dolo, una struttura ad hoc per monitorarli, l'ambulatorio post covid. Istituito cinque mesi fa, dall'estate lavora a pieno regime e segue una cinquantina di pazienti, per la maggior parte cardiopatici, ipertesi, diabetici, obesi, dismetabolici, nefropatici.
LA STRUTTURA Sono soprattutto uomini (circa il triplo rispetto alle donne) e hanno un'età che varia dai 20 agli 80 anni, anche se la fascia più presente è quella dai 50 ai 70 anni.
I RESIDUI I casi più gravi di strascichi nei pazienti che hanno superato l'infezione coronavirus sono una decina. «In alcuni non c'è stata una completa normalizzazione del polmone: il Covid ha indotto un'iniziale fibrosi polmonare. Questo potrebbe comportare il rischio, in alcuni casi, di un'insufficienza respiratoria permanente, fino alla necessità di ossigeno supplementare nel quotidiano», spiega il primario di pneumologia dell'ospedale dell'Angelo di Mestre Lucio Michieletto. «Poi - continua - ci sono i danni neurologici avvenuti durante la fase acuta. Ci sono stati anche casi di paralisi alla lingua o di sindrome di Gulliain-Barré. In quel caso indirizziamo i pazienti allo specialista di neurologia». Parliamo di pazienti che hanno avuto forme acute di covid, ma non solo. Nei pazienti non gravi, infatti, si sono registrati casi di affaticamento e ipossemia prolungata. Di contro i pazienti con patologie respiratorie croniche (ma che non hanno contratto il covid) sembrano aver ridotto le crisi e gli accessi al pronto soccorso. «Sorprende che i pazienti respiratori a noi noti si siano riacutizzati molto meno con l'arrivo delle prime infezioni del freddo - dice il primario di pneumologia -. Probabilmente questo è avvenuto perché si sono tutelati. Non solo sono stati attenti a non contrarre il covid 19 uscendo il meno possibile, mantenendo il distanziamento, igienizzando le mani e utilizzando la mascherina: l'utilizzo di questi comportamenti ha allontanato anche il rischio di contrarre altre infezioni».
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