Mounim, il superstite della strage di braccianti: «Lavoravamo 10 ore al giorno per 50 euro»

Mounim Zohair
SAN PIETRO IN GU - Il meticoloso lavoro della polizia scientifica di Padova ha dato una identità a tutte e 4 le vittime del tragico incidente avvenuto venerdì...

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SAN PIETRO IN GU - Il meticoloso lavoro della polizia scientifica di Padova ha dato una identità a tutte e 4 le vittime del tragico incidente avvenuto venerdì scorso a San Pietro in Gu. Lungo la Statale 53 Postumia una Fiat Multipla con a bordo sei giovani braccianti si è scontrata frontalmente con un camion  dopo aver invaso la corsia di quest'ultimo per evitare di tamponare le auto ferme in colonna.

Ora, attraverso i canali internazionali, si dovranno avvisare le famiglie che si trovano tutte nei Paesi d'origine e alle quali arrivavano parte dei guadagni del faticoso lavoro di braccianti agricoli e facchini di polli e tacchini, che le vittime svolgevano in mezzo Veneto. Non ci sarà nessuna tutela per loro. Non è un infortunio in itinere come dovrebbe essere perchè, non bastasse il dramma di giovani vite spezzate, i giovani erano lavoratori fantasma, tutti irregolari, e per questo non avevano documenti con loro. Almeno dieci ore di lavoro al giorno retribuite 5-6 euro.



LA RESIDENZA
Tutti vivevano nel veronese, a Cologna Veneta, sede della cooperativa in liquidazione Emma Group alla quale risulta intestata la vettura e che nel 2019 è stata coinvolta in una inchiesta relativa allo sfruttamento di manodopera. Il primo ad essere identificato dalla Polstrada di Padova, aveva la fotocopia della patente con foto illeggibile. C'è stata quindi una ricerca documentale: si chiamava Soufiane Assaoui, marocchino di 22 anni. Era lui alla guida della Multipla omologata per sei passeggeri. Insieme sono morti i connazionali H.I. di 21 anni e C.Y. di 26 e il nigeriano O.S. di 27 anni. Due i miracolati: sono feriti e ricoverati all'ospedale di Cittadella. Sono i cittadini marocchini A. A. di 40 anni e Mounim Zohair di 32 anni. Ed è proprio quest'ultimo, anche lui irregolare, mentre per A. A. la pratica è ancora in corso di lavorazione, a raccontare la sua storia appena dimesso dall'ospedale.

IL RACCONTO
Il capo è limitato nei movimenti dal collare cervicale, i dolori sono molti, ma è vivo e guardando cosa è rimasto di quella vettura trasformata in una gabbia di lamiere contorte, si stenta a crederci. «Venerdì scorso eravamo partiti all'alba, verso le 5 - racconta Zohair al telegiornale regionale della Rai del Veneto - Destinazione una zona tra Vicenza e Padova dove abbiamo lavorato alla pulizia di un vigneto. La paga per questo lavoro era di 6 euro all'ora e lavoravamo tutti i giorni cambiando ogni volta il posto».
Per lui un lavoro comunque remunerativo, ma assolutamente privo di tutele. Ovviamente per i datori di lavoro un risparmio enorme a fronte di persone che lavoravano molto e che non rivendicavano nulla per non perdere nemmeno quel poco che per loro qui e soprattutto per i loro parenti consentiva comunque una vita più dignitosa della media. Ma per fare questo dovevano non esistere formalmente.

Poi è arrivato un destino tragico e questi uomini fantasma sono usciti dall'ombra. Ora si spera che i loro cari possano averli vicino dopo che, lontani, speravano in un futuro migliore.

Inchiesta per caporalato

«Chiedo al mio partito, il Pd e al suo segretario Enrico Letta, un immediato salto di qualità nell'eliminare tutta la legislazione leghista contro i lavoratori. Sono leggi che consentono lo sfruttamento e la morte di lavoratori senza la minima tutela sindacale, normativa e senza neppure un briciolo di solidarietà umana. Lo sappiamo, per la Lega il caporalato non è un vero problema poiché coinvolge persone che non sono nate in Italia» ha detto oggi - 24 maggio - il presidente della Provincia di Verona, l'on. Diego Zardini, segretario di presidenza del gruppo Pd alla Camera con delega al lavoro. Immediate le repliche dei leghisti: la polemica nasce attorno alle indagini sul caporalato nella coop per cui lavoravano i 6 braccianti coinvolti nello schianto della Multipla.
 

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Il Gazzettino